Che vogliamo una “pace disarmata e disarmante” rischia di diventare uno slogan semplice e vuoto. Rischia, cioè di trasformarsi in un refrain ad effetto che – nel migliore dei casi – indica una buona volontà utopica quanto inconsistente.
Sono certo che Papa Leone XIV però non abbia mai voluto ribadire il concetto per vendere incenso, ma piuttosto per mostrare l’unica via indicata dai Vangeli per la soluzione dei conflitti e che – tradotto – si chiama nonviolenza.
A tal punto è vera questa intuizione che è suffragata dai fatti che registriamo in tutti i conflitti in corso dove, come una pietruzza nella scarpa del potente di turno, movimenti disarmati di cittadine e cittadini, gruppi organizzati, iniziative nonviolente diffuse, sottraggono consenso alla guerra e diventano disarmanti.
Nel consenso della società israeliana, ad esempio, si sono aperte moltissime crepe. Lo dimostrano le manifestazioni quotidiane che si realizzano per le strade di Tel Aviv e Gerusalemme, l’obiezione di coscienza di tantissimi riservisti, le iniziative di boicottaggio e tanto tanto altro, forse vale la pena sostenere questo popolo “disarmato e disarmante”, invisibile all’informazione ufficiale, ma vivo più che mai, per sperare nella pace. E costruirla.



