Trattativa Stato – mafia, il processo resta a Palermo

Antonio Ingroia

Mentre è riunita la Consulta per decidere del conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale contro la procura di Palermo per non aver distrutto le intercettazioni fra Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, a Palermo il processo segna un ulteriore passo avanti in queste prime fasi iniziali. Il  Gup Piergiorgio Morosini, infatti, ha rigettato tutte le eccezioni di incompetenza territoriale presentate dai difensori di 10 dei 12 imputati. Il procedimento resta dunque a Palermo. In particolare, per gli ex ministri democristiani Calogero Mannino e Nicola Mancino, il Gup ha stabilito la competenza del giudice ordinario di Palermo. I legali dei due imputati avevano invece proposto la competenza del foro di Roma, o del Tribunale dei ministri, della Capitale o dello stesso capoluogo siciliano. Il Gup ha spiegato che i reati per i quali sono processati non sono stati commessi con riferimento alle funzioni ministeriali, perché Mannino e Mancino non erano membri del governo all’epoca dei fatti contestati. Peraltro, Mancino, ex ministro dell’Interno, risponde solo di falsa testimonianza, reato che secondo la Procura sarebbe stato commesso il 25 febbraio scorso a Palermo. Piu’ in generale, secondo il Gup, la “connessione teleologica” fra l’omicidio dell’eurodeputato della Dc e leader della corrente andreottiana a Palermo, Salvo Lima, primo atto della strategia di attacco allo Stato e reato più grave fra quelli contestati a vario titolo, e la successiva “violenza o minaccia” agli organi istituzionali, giustifica la permanenza dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia a Palermo.  

Antonio Ingroia apprende con soddisfazione che l’impianto accusatorio, che fa risalire al delitto Lima l’attacco allo Stato, è sostanzialmente confermato dal Gup Morosini nelle motivazioni che tengono il processo a Palermo. “Un primo autorevole vaglio giurisdizionale, che conferma la bonta’ della ricostruzione della Procura di Palermo, sotto il profilo della competenza”. Così lo definisce Ingroia il passo avanti di oggi. “una clamorosa smentita per quei tanti ‘Soloni’ che, con aria di sufficienza, davano per certa la nostra incompetenza, pretendendo cosi’ di impartirci lezioni di diritto, senza conoscere niente degli atti processuali e nemmeno del capo di imputazione”. “Spiace che, fra gli imprudenti ‘esternatori prematuri’, vi siano stati anche giuristi di certo autorevoli. Ma, evidentemente, si trattava di persone poco informate sui fatti -prosegue Ingroia- E la conoscenza dei fatti, come la conoscenza del diritto, ha la sua importanza”. “Ormai, tutto cio’ fa parte del passato -conclude quindi il magistrato antimafia- Ora si entra nel vivo del processo”. Che succederà ora? “Bisognerà affrontare, nel contraddittorio delle parti, la solidità della piattaforma probatoria offerta al giudice dalla procura di Palermo. Con rispetto di tutte le parti in causa L’odierna decisione del Gup spero che faccia capire a tutti che anche la procura di Palermo e i suoi argomenti meritano rispetto. Da parte di tutti”.