Dopo l’udienza dal Papa, la Consulta nazionale antiusura e la Fondazione San Bernardino perplesse sul ddl 978, per cui il legale del creditore potrà emettere ingiunzioni senza il vaglio di un giudice. Luciano Gualzetti: «Con i pignoramenti in pericolo la dignità delle persone».
Sabato 18 ottobre, nel trentennale della nascita della Consulta nazionale antiusura «San Giovanni Paolo II», papa Leone XIV ha ricevuto in udienza una delegazione composta da operatori e volontari provenienti dalle 35 Fondazioni antiusura di matrice ecclesiale presenti su tutto il territorio nazionale, tra cui la Fondazione San Bernardino, realtà che coinvolge dieci diocesi lombarde.
Le parole del Papa
Nel suo discorso il Pontefice ha definito l’usura come un «macigno che soffoca» e un fenomeno che «pagano soprattutto le persone fragili», frutto di «sistemi finanziari» capaci di mettere «in ginocchio interi popoli». Al centro dell’attenzione del Santo Padre, il dramma di persone e famiglie intrappolate in situazioni di sovraindebitamento, che possono degenerare in crisi economiche difficilmente risolvibili senza un adeguato supporto.
Secondo Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale e della Fondazione San Bernardino, diverse cause portano a una situazione di indebitamento. Tra queste non va dimenticato il gioco d’azzardo: «Un fenomeno molto più diffuso e sottovalutato di quanto si pensi, come ha ricordato anche papa Leone. Ormai è un dato certo: una persona su due di quelle che si rivolgono alle Fondazioni anti-usura ha a che fare con il gioco d’azzardo». «L’indebitamento – prosegue Gualzetti – può spingere le persone a rivolgersi a chi offre denaro facile, aggirando gli ostacoli e le lungaggini del credito legale, ma chiede in cambio non necessariamente soldi: spesso la posta in gioco diventa il controllo dell’impresa o del territorio, alimentando così i circuiti illeciti della criminalità organizzata».
Il disegno di legge
A margine della giornata, la Consulta si è espressa con preoccupazione riguardo al disegno di legge 978, approvato recentemente dalla Commissione Giustizia del Senato e ora in attesa di essere discusso nelle Camere. Il provvedimento introduce un meccanismo che consente al legale del creditore di emettere un’ingiunzione di pagamento, senza passare dal vaglio di un giudice: se il debitore non risponde entro quaranta giorni, l’atto diventa titolo esecutivo e può portare all’avvio di azioni forzate, come il pignoramento dei beni o di una quota dello stipendio. Di fatto, quindi, non sarà più un’autorità giudiziaria terza a autorizzare azioni dal forte impatto sulla vita quotidiana delle persone, ma una delle parti coinvolte nel contenzioso.
«Abbiamo molta preoccupazione – ha dichiarato Gualzetti – per la proposta che consente all’avvocato del creditore di emettere direttamente l’ingiunzione di pagamento senza il controllo del giudice. Questa misura nasce per rispondere ai ritardi delle Procure, ma la vera soluzione sarebbe potenziare il numero dei giudici di pace per garantire risposte rapide. Così, invece, i debitori più fragili rischiano pignoramenti su beni essenziali, senza avere il tempo o le capacità di opporsi: in soli 40 giorni la maggior parte delle persone non è in grado di valutare l’opportunità di un ricorso, né ha le risorse economiche per affrontarlo, visto che tutti gli oneri sono da ricorso, sono in capo al debitore». In questo modo, secondo Gualzetti, c’è il rischio di «alterare il fragile equilibrio tra diritti dei creditori e tutele dei debitori, mettendo a rischio la dignità delle persone».
Anche la Fondazione San Bernardino ha espresso un forte richiamo critico sul ddl 978, condividendo le preoccupazioni della Consulta. Secondo l’organismo milanese, che assiste numerose famiglie in situazioni di indebitamento e pignoramento, il disegno di legge rischia di aggravare la crisi debitoria e di danneggiare l’inclusione sociale e il diritto a una vita dignitosa: «Pur riconoscendo l’intento del governo di snellire le procedure e alleggerire il carico dei tribunali civili, l’eliminazione del controllo di un’autorità terza rischia di compromettere le garanzie fondamentali per i soggetti più deboli: lavoratori, pensionati, famiglie già fragili», spiega la Fondazione.
Inoltre, le nuove soglie previste per l’applicazione della misura comprenderebbero gran parte dei casi che la Fondazione segue nei propri sportelli di assistenza: «Serve introdurre correttivi, come l’esclusione dei prestiti al consumo, e maggiori tutele per le categorie vulnerabili. In assenza di queste garanzie, il rischio è l’aumento del contenzioso e la rinuncia da parte dei debitori ai percorsi legali di aiuto, peggiorando ulteriormente il disagio sociale».
Fonte: Chiesa di Milano



