La legge sulla “separazione delle carriere” è nata dal timore che i pubblici ministeri abbiano sui giudici, nel processo penale, un’influenza maggiore degli avvocati difensori. In vista del referendum su questa legge è ovviamente necessario che tutti i cittadini, anche quelli privi di competenze giuridiche, siano a conoscenza di ciò su cui daranno il loro voto. Cerchiamo dunque, sommessamente, di chiarire i punti fondamentali della legge, che sono tre.
1. La “separazione delle carriere” fra pubblici ministeri e giudici. Si usa sempre questa espressione e la stessa legge parla di “distinte carriere”. Ma tale separazione non è in realtà prevista. Il concorso per l’ingresso in magistratura resta unico, tanto per chi vorrà poi fare il giudice quanto per chi vorrà fare il pm. E restano anche uguali (come ha giustamente ricordato Luciano Violante) sia la progressione nella carriera sia quella nella retribuzione. Quelle che vengono veramente separate sono le funzioni fra pm e giudici, perché d’ora in poi un pm non potrà più diventare giudice, e viceversa. Ma questa è una riforma quasi irrilevante, perché – di fatto – già in passato meno dell’1 per cento dei magistrati ha voluto cambiare funzioni.
2. Il Consiglio Superiore della Magistratura. Fino ad oggi il Csm era unico ed era composto sia da giudici sia da pm. Ora il Csm viene spezzato in due: un Csm per i giudici e un Csm per i pm. Questi ultimi avranno così un Csm senza giudici e “tutto loro”. Non è fuor di luogo immaginare che il Csm dei pm, senza una componente di giudici che funga da elemento equilibratore, possa agire in modo non imparziale sulle importanti funzioni che gli competono: le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le valutazioni di professionalità dei pm. Questi diventeranno così una sorta di “corpo separato”, senza contrappesi e libero da vincoli: con tutti i pericoli che possono derivare ai cittadini dall’operato di qualsiasi organismo che può agire in modo sostanzialmente libero. E i pm, con i loro poteri, possono incidere fortemente sulla vita di tutti noi: si pensi alla loro facoltà di privare un cittadino della libertà personale e di esercitare nei suoi confronti l’azione penale.
Per di più, allontanando i pm dai giudici, e quindi dalla cultura della giustizia, li si porterà inevitabilmente nell’orbita e sotto le direttive del potere esecutivo. Il che contrasta con il fondamentale principio della separazione dei poteri. Se proprio si volevano staccare i pm dai giudici la legge di riforma avrebbe dovuto prevedere per i pm effettive garanzie di indipendenza, che invece non vi sono.
3. L’Alta Corte Disciplinare. La riforma toglie ai due Csm il potere disciplinare e lo trasferisce ad un’Alta Corte di nuova istituzione. Ma la composizione di questa Alta Corte può far nascere dubbi sulla sua effettiva idoneità a svolgere la delicata funzione disciplinare che le viene affidata. Dei 15 giudici che la compongono 3 vengono scelti mediante sorteggio da un elenco di soggetti formato dal Parlamento, e 9 mediante sorteggio fra gli appartenenti alle categorie di giudici e pm. In totale ben 12 giudici dell’Alta Corte Disciplinare vengono scelti per sorteggio. Senza nulla togliere al valore dei nostri singoli magistrati, è sicuro che il sistema del sorteggio (in sostanza, “uno vale uno”) sia il più idoneo ad assicurare la bontà delle delicate decisioni disciplinari dell’Alta Corte? Non sarebbe stato opportuno adottare almeno qualche correttivo? Inoltre contro le decisioni disciplinari del Csm un magistrato poteva ricorrere alla Corte di Cassazione. Contro le sentenze dell’Alta Corte ci si può invece appellare solo alla stessa Alta Corte, seppure composta con membri diversi. Si tratta sempre del medesimo organo giudicante, e ciò non sembra garantire l’indipendenza del giudice di appello.
Due ultime considerazioni. La legge di riforma è intitolata in primo luogo “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale”. Ma questo titolo è ingannevole, perché in realtà è una legge che riforma la magistratura. È bene rendersene conto. Infine non è corretto sostenere che questa legge è stata fatta per migliorare la giustizia. Il problema centrale della nostra giustizia sta nella lentezza dei processi. È su questa che bisogna lavorare. Ma la legge di cui stiamo parlando non contiene al riguardo una sola parola.
Fonte: La Stampa



