Se gli attacchi del governo prima del referendum servono a creare un clima ostile ai magistrati

Magistrato costituzione

Il governo vuole evitare il confronto sulla sostanza della riforma per facilitare la conferma della separazione delle carriere. I partiti invece di colpire gli avversari dovrebbero spiegare i contenuti della riforma. Senza un confronto i cittadini andranno alle urne ignorando le conseguenze del voto.

All’inizio del suo governo Giorgia Meloni voleva evitare contrasti con la magistratura. Poi, però, ha evidentemente cambiato idea, poiché si sono moltiplicati gli attacchi.

Si pensi solo alle aspre polemiche contro le sentenze sul centro in Albania per il rimpatrio accelerato dei migranti; sul risarcimento dei danni riconosciuto dalla Cassazione per i migranti trattenuti illegalmente sulla nave Diciotti; sulla condanna dell’onorevole Delmastro per aver rivelato informazioni coperte da segreto d’ufficio.

Fuori dai confini nazionali si ricordi il contrasto con la Corte Penale Internazionale per il  trasferimento in Libia del criminale Almasri. È poi dei giorni scorsi l’urto violento con la Corte dei Conti per la questione del ponte di Messina. La premier non solo ha subito affermato che la decisione della Corte costituirebbe un “atto politico” e che “i giudici bloccano il Paese”; ma non ha neppure preso le distanze da Salvini quando il suo ministro è giunto addirittura a prospettare una “vendetta dei giudici per la riforma della  giustizia approvata dal Parlamento”. Perché questo radicale cambiamento di rotta?

Non è azzardato ipotizzare che con la durezza degli attacchi si voglia anche creare nel Paese un clima contrario ai magistrati in vista del prossimo referendum costituzionale. E ciò per svalorizzare il confronto degli argomenti e per facilitare in tal modo la conferma della legge sulla separazione delle carriere (ingannevolmente definita “riforma della giustizia”, che però non migliorerà per nulla). Questa svalorizzazione delle idee costituisce un grave errore e una scorrettezza, che può deformare l’opinione che i cittadini devono avere riguardo all’importanza e alla serietà non solo del referendum attuale, ma di ogni referendum.

Tutte le leggi, e soprattutto quelle più importanti, vanno elaborate con un serio confronto di idee e con la dovuta ponderazione delle loro ricadute, sia positive sia negative. Ciò vale particolarmente, ed è persino essenziale, per le leggi (come appunto quella sulla separazione delle carriere) che comportano modifiche delle regole costituzionali.

La nostra Costituzione, entrata in vigore nel 1948, è stata approvata da un’Assemblea Costituente composta da 556 deputati: democristiani, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, “azionisti”: tutti operanti concordemente, pur nella diversità dei rispettivi orientamenti politici e culturali, nello sforzo comune di dare vita, dopo la dittatura, ad uno Stato democratico.

In questa ottica ogni norma, ogni frase, ogni parola è stata accuratamente discussa e ponderata per raggiungere il miglior risultato possibile e al tempo stesso accettabile da tutti i membri dell’Assemblea, con le loro diverse sensibilità. Si pensi all’articolo 1, per cui si è dibattuto a lungo su quella che potrebbe sembrare solo una sottigliezza: e cioè se fosse preferibile scrivere “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro” (come poi si è deciso) oppure “una repubblica di lavoratori”.

Allora anche i cittadini chiamati con il referendum ad approvare o far decadere una legge che modifica la Costituzione  dovranno farlo con la stessa  ponderatezza, razionalità e serenità. Non sulla spinta di considerazioni “di pancia”, dettate da sentimenti di simpatia o di antipatia verso la magistratura, o secondo le indicazioni spesso fuorvianti dei partiti a cui aderiscono; ma sulla scorta di opinioni correttamente formate valutando i diversi e specifici contenuti della riforma in questione.

Certo è difficile che la maggior parte delle persone abbia le competenze giuridiche per poter esprimere un giudizio su una materia così tecnica. Ma proprio perciò i partiti, invece di scagliarsi a testa bassa uno contro l’altro, dovrebbero spiegare alla gente, ovviamente dai loro rispettivi punti di vista ma in modo ben comprensibile, tutti i contenuti, i vantaggi e gli svantaggi della riforma in questione.

Se, in mancanza di quest’opera di chiarificazione, i cittadini voteranno senza essere consapevoli della rilevanza e delle conseguenze  del loro voto, lo spirito e il rigore dei Padri Costituenti saranno traditi.

Fonte: La Stampa


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