Sono tempi strani, quelli che stiamo attraversando.
Potremmo dire meglio, per essere più aderenti al vero, tempi di ferocia, tempi di gratuita crudeltà e rifiuto persino di semplici barlumi di pietà.
Tempi di morte, tempi di morti, di uomini e donne condannati ad atroci sofferenze dalla cattiveria di altri esseri umani.
Tempi di fame e carestie e genocidio provocati da uomini “eletti da Dio” che esibiscono orgogliosamente i testi sacri e gli antichi testamenti in cima agli aerei che devastano, cancellano, polverizzano, sotterrano ogni forma di vita, umana e naturale, perché questo vuole la volontà di Dio.
Un Dio vendicativo, che semina e diffonde piaghe quando è corrucciato.
Tempi che hanno ridotto le facce degli esponenti politici del pianeta a maschere spettrali e grottesche. O tempi, il che fa lo stesso, in cui la ragione e la logica, il buon senso e il senso comune, sembrano essere ormai inesorabilmente condannati a un’inesorabile asfissia.
Forse parlare non serve più a niente, ma parlare si deve.
Forse denunciare non serve più a niente, ma denunciare si deve.
Ricordare è diventato il lusso dei vecchi, ma poi anche i vecchi muoiono, e scompaiono i loro ricordi. Eppure sembra sia impossibile impedire ai vecchi di ricordare.
I vecchi devono continuare a ricordare. Ma non ne avranno per molto.
A un ritmo forsennato, anno dopo anno, scompaiono infatti intere nazioni da atlanti e carte geografiche. Cumuli di macerie grigie. E che restano grigie, pur dopo l’avvento cinematografico e televisivo del colore.
Finiscono loro malgrado, dentro questa cornice sciagurata, a trentatré anni dalla strage di via d’Amelio, le parole amare di questa Agenda Rossa, le parole asciutte di Salvatore Borsellino, in ricordo di suo fratello Paolo.
Quel Paolo che sembra non voler morire mai, tanto forte è ancora oggi la sua richiesta di verità, di giustizia, di risarcimento da parte dei Giuda (un Giuda solo?) che lo tradirono.
Si vive solo due volte, recitava il titolo di un romanzo di spionaggio di Ian Fleming, che, come tanti dei suoi connazionali inglesi, frequentò le guerre e lo spionaggio, il mondo oscuro e sordido delle armi che garantirono a Sua Maestà due secoli di colonialismo. E Occidente anche quello, anche se facciamo finta di dimenticarlo. Ma raramente è concesso vivere due volte.
Almeno ai comuni mortali. Senza dubbio, questa sorte singolare è toccata a Paolo Borsellino. E saremmo banali nel dire che per uomini molto grandi una vita è troppo poco.
Avete letto sin qui le pagine scarne di questa Agenda Rossa.
La ricostruzione della storia d’Italia, sotto il profilo del sangue e degli orrori.
Date e montagne di cadaveri. Altre date e altre montagne di cadaveri. E altre centinaia, migliaia di persone che ancora oggi, non avendo dimenticato, chiedono giustizia.
Non ci fu “una strage”: la strage di via d’Amelio. L’Italia – purtroppo per noi tutti – non è il paese di “una strage sola”.
Ci sono stati oltre sessant’anni di stragi e grandi delitti. E chi deve capire, prima o poi, dovrà prenderne atto.
Ecco perché quando Salvatore mi ha dato l’onore di chiedermi un testo per l’Agenda Rossa di quest’anno, onore che non poteva che rendermi riconoscente, non mi aspettavo, nel testo scritto da lui, parole incendiarie.
Parole veementi. O parole di denuncia. O parole che avrebbero risposto colpo su colpo ai vergognosi depistaggi giudiziari, giornalistici, politici che il cratere di via d’Amelio si è portato dietro come una scia infinita. Non me le aspettavo, perché non ce n’era più alcun bisogno. E diventato tutto talmente chiaro.
Salvatore Borsellino non si è mai tirato indietro nel mettere a nudo l’inadeguatezza scandalosa di certi apparati repressivi o giudiziari. E chi, meglio di lui, ci ha ricordato che quando una commissione parlamentare antimafia “indaga per principio” o “indaga per pregiudizio”, il meno che si possa dire è che sta svolgendo un pessimo lavoro?
E proprio per la sua chiarezza, la sua tenacia, il suo rifiuto di prestarsi a comode letture di maniera della strage di via d’Amelio, Salvatore ha pagato l’enorme prezzo, anche sul piano umano e affettivo, che tutti conosciamo.
Sta ad altri, ormai, fare tesoro – ammesso che ne abbiano voglia e onestà intellettuale – cospargersi il capo di cenere facendo proprie tutte le parole che lui ha detto in questi anni. C’è una frase che mi ha colpito nel testo di quest’Agenda Rossa e che ne svela lo stato d’animo di oggi.
Proprio alla fine, laddove scrive: “L’Agenda Rossa 2025 è un ponte fra passato e presente, fra memoria e azione, tra chi è caduto per la giustizia e chi oggi ha il compito di raccoglierne il testimone. E un invito a guardare in faccia la storia, riconoscendo che solo una memoria fondata sulla giustizia può generare un futuro libero e degno”.
Anche lui è uno dei grandi vecchi chiamati e condannati a ricordare. E a costruire quei “ponti” con le nuove generazioni che è la cosa che gli sta più a cuore.
D’altra parte, dopo oltre trent’anni, cosa dovremmo aspettarci? Una fiducia illimitata nella giustizia? No.
Una fiducia illimitata nelle nuove generazioni, questo sì.
E un conto è la rassegnazione, un conto è la resa. Siamo tutti rassegnati, ma non ci siamo arresi.
E quelle macerie grigie, che fanno da cornice alle parole scritte oggi da Salvatore Borsellino per il trentatreesimo anniversario di via d’Amelio, stanno qui a ricordarci che è la resa il peggiore dei mali.
* La postfazione di Saverio Lodato per la nuova edizione dell’Agenda Rossa
Fonte: Antimafia DUEMILA



