Salvatore Inguí tutto sembra, tranne che un assistente sociale del Ministero di Giustizia.
Capelli e barba lunghi, pantaloni larghi e sandali, si accompagnano a una voce calda e forte che ti dà il senso di un uomo che ha raggiunto una calma interiore rasserenante che ha la forza di metterti a tuo agio.
Averlo frequentato e accompagnato in questi suoi giorni in Valdarno mi ha permesso di conoscerlo meglio, di apprezzarne ancor di più la profondità e la capacità di sapersi relazionare con le persone, siano esse ragazzi o adulti, con una grande capacità di ascolto e di lettura dei nostri gesti e comportamenti che dicono molto più di noi delle nostre stesse parole.
Salvatore è un uomo che ti guarda negli occhi, ti offre i suoi occhi in uno scambio che ha tanto del nostro essere umani, con la capacità di chi sa annusare l’altro, toccarlo riscoprendo la nostra animalità.
Salvatore è uomo che sa emozionarsi e che non si vergogna di commuoversi quando racconta storie di vita; le lacrime affiorano dai suoi occhi e mentre con le mani le asciuga, chi lo ascolta entra in contatto diretto con lui, provando e vivendo quell’empatia che sola ci permette di entrare nei panni dell’altro.
Questo è accaduto in questi giorni durante gli incontri con gli studenti delle medie inferiori e superiori. Alla fine scattava forte dentro il desiderio di abbracciarlo, perché l’abbraccio è quel gesto che ci permette di condividere con l’altro ciò che proviamo e sentiamo.
La conclusione dei suoi incontri è la cosa più bella vissuta in questi giorni, quando ho visto ragazzoni inizialmente dai volti inespressivi alzarsi e quasi correre verso di lui per abbracciarlo. Qualcuno con le lacrime agli occhi, altri pronti a condividere pensieri ed emozioni, altri con domande non più rinviabili.
“Salvatore cos’è per te la felicità?”, oppure “avevo proprio bisogno di queste parole”, e ancora “Salvatore sento il bisogno di abbracciarti”, con il magone in gola, gli occhi arrossati, e chiedere “cosa possiamo fare per la nostra vita”.
I ragazzi li hanno quasi sommerso con il loro entusiasmo, il loro bisogno di toccare e darsi toccare, per una carezza…
Mi è venuto in mente in quei momenti la scena del film “Jesus Christ Superstar” quando Gesù viene sommerso dall’abbraccio dei lebbrosi che va a visitare, un po’ come le nostre tante domande senza risposta…
Salvatore frequenta i ragazzi duri, difficili dei carceri minorili e prova con loro a costruire la possibilità di un riscatto attraverso i gesti e le azioni di bene e di solidarietà. Per lui non esistono ragazzi cattivi, piuttosto dobbiamo assumerci la responsabilità di scegliere tra il bene e il male.
Così anche parlando di lotta alle mafie, durante la cena sociale del coordinamento di Libera, ci ha spiegato che la criminalità non si vince con la legalità, ma con la solidarietà, uscendo dall’indifferenza e prendendoci a cuore la comunità dove viviamo, partendo dal rendere migliore la vita degli ultimi, dei più piccoli, di chi ha meno occasioni e opportunità.
Chiamerei questi giorni con Salvatore “i giorni degli abbracci”.
Questo gesto semplice che ci permette di abbattere muri, di comunicare con l’altro senza tante parole, di stare, toccare, annusare, il compagno senza giudizio, è ciò che Salvatore ci ha fatto rivivere in pieno…
E Dio sa quanto, ad iniziare dai nostri ragazzi, abbiamo bisogno di abbracciarci…
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