Non bisogna esagerare nello sparare ad alzo zero contro Francesca Albanese, relatrice speciale all’Onu sui territori palestinesi occupati.
Sono giorni carichi di odio, un odio che si taglia a fette, come denunciato dalla stessa Giorgia Meloni che dice, e non dice, di temere per la sua stessa vita. Sono infatti in molti, in Italia, a non sentirsi sicuri.
Il pazzo per le strade si trova sempre – America docet -, e sarebbe meglio raffreddare piuttosto che surriscaldare gli animi.
La Albanese, va detto, ce la mette tutta per rendersi indigesta, antipatica, urticante, non commestibile per il gran coro della stampa italiana, dei poteri istituzionali, delle ditte occulte che fanno soldi a palate, non tassabili, con la vendita di armi. Diciamo brutalmente che lei delle vulgate dominanti su quanto accade se ne fotte allegramente.
Così oggi si trova nell’occhio del ciclone mediatico all’italiana che, improvvisamente, ha deciso di non perdonarle niente. Paginate intere sui giornali sul chi è chi si crede di essere e dove vuole arrivare “questa Albanese”. I nostri giornali e le nostre televisioni quando vanno alla carica contro un obbiettivo sono irresistibili.
Intanto, la Albanese parla apertamente di “genocidio” a Gaza. Parola che noi, nel nostro piccolo, condividiamo perché ci sembra che renda bene l’idea, ma che viene ormai condivisa da centinaia di specialisti della materia ben più autorevoli di noi. E questo non si fa.
Poi fa anche il passo successivo, e non le manda a dire a Liliana Segre che quella parola, genocidio, considera invece al pari di una parolaccia. E questo non si fa.
Poi fa un altro passo successivo, volendo dire la sua sui tagliagole di Hamas non additandoli, come fa una certa narrazione, come l’unico Demone del medio oriente dal quale è scaturito il panorama turpe (aggettivo che si può adoperare in tanti casi) che il mondo ha sotto gli occhi.
Il bello però viene ora.
Ma siamo sicuri che la valanga di fango che si è scatenata contro la Albanese trovi spiegazione nelle sue opinioni, condivisibili o meno, sulla questione israeliana e su quella palestinese? Ma no. Ma figuriamoci. Non scherziamo.
Il fatto è che la sua “lettura” degli avvenimenti viene ormai fatta propria da centinaia di migliaia di persone, giovani e meno giovani, che in lei si riconoscono; da paesi e città che fanno a gara per darle la cittadinanza onoraria o le chiavi della città; mentre il caravanserraglio delle telecamere la insegue di qua e di là. E questo non si fa. Troppo casino. Troppo rumore.
È il “simbolo” che sta diventando la Albanese, a mettere paura.
Ne vogliamo la prova? Oggi, un grande giornale le ha dedicato una intera pagina, condita da espressioni quali “smorfie che sembrano sorrisi”, “occhiali modaioli”, “studiata eleganza radical Chic”, “feroce prosopopea”, “giurista di Ariano Irpino”, “Personaggione sinistrorso del momento”… Ma a un certo punto ci è venuto da ridere.
Alla lettura di questo passaggio: “Dichiara, arringa, e se qualcuno non comprende bene, eccola esibirsi nelle sue faccette”.
Faccette? Ma come?
Sarete d’accordo con noi che questo è troppo. E le “faccette” della nostra premier dove le mettiamo? In attesa di leggere sul grande giornale che oggi si esercita sulle “faccette” dell’Albanese, analogo paginone sulle “faccette” della Meloni, ci permettiamo di sottoporre all’attenzione del ministro degli Interni Matteo Piantedosi il caso di questa “giurista Irpina” ché, anche lei, rischia la vita.
E forse è protetta meno della Meloni.
Un ministro degli interni deve sapersi mostrare equidistante. Abbiamo fiducia in Piantedosi.
Fonte: ANTIMAFIADuemila



