Eman Abu Zayed, scrittrice palestinese, ha inviato questa lettera: “A Gaza le scelte della solidarietà in Italia si sono diffuse da un telefono all’altro, portando un barlume di speranza tra le macerie, la fame e le bombe. Le persone inoltravano i video sulle chat guardando riconoscenti le folle italiane. Queste immagini hanno suscitato sorrisi, ormai rari, sui volti di tanti palestinesi”.
La lettera è uno splendido commento sulla marea di gente che è scesa nelle strade, formando un fiume lungo mille chilometri da Nord a Sud del Paese, per sostenere il popolo palestinese contro la follia di Netanyahu.
Persone di ogni età, ma soprattutto giovani, capaci di mobilitarsi per una causa sacrosanta, vincendo l’indifferenza che troppo spesso li frena. Milioni di persone che hanno sentito l’indignazione per quello che succede a Gaza e si sono risolutamente scosse, in blocco, da un torpore purtroppo abituale. Con la gente che applaudiva dalle finestre.
Anche in questa occasione non sono mancati gruppi di soggetti che si sono inseriti nelle manifestazioni pacifiche e si sono dati ad atti di violenza gravemente distruttivi e vandalici.
Ci sembra però che fra queste persone si possa fare una distinzione, perché alla base della violenza vi sono due ragioni diverse. Vi è la violenza imbecille di chi la fa per il gusto della violenza di per se stessa, per una rabbia interna e magari (non avendo di meglio) anche solo per fare qualcosa. E poi vi è una violenza posta in essere non per il gusto di farla, ma per cercare di far valere uno scopo di per sé giusto. Anche questa, ovviamente, è comunque meritevole di sanzioni severe, perché si tratta pur sempre di violenza, cioè di un’azione diretta a prevalere con la forza sulla ragione, recando pregiudizio ad altri. Ma questo secondo tipo di violenza, oltre che da sanzionare, ci pare anche sciocco e controproducente.
È vero che oggi si assiste, in molte persone, ad una certa assuefazione alla violenza, quasi come un’accettazione, e che questa sembra persino in crescita. Il che rende la violenza ancor più pericolosa e ancor più da reprimere. Ma è altrettanto vero che dalla maggior parte della gente la violenza è ancora giustamente percepita in modo fortemente negativo.
E quindi chi assiste ad atti di violenza è istintivamente portato a reagire prendendo posizione non solo contro i soggetti violenti, ma anche contro lo scopo, di per sé buono e giusto, che essi perseguono. Così il raggiungimento di questo scopo, anziché avvicinarsi, si allontana.
Efficaci sono esclusivamente le piazze in cui si sentono solo parole di giustizia e di pace, e cortei che intonano canzoni gioiose o libertarie.
È difficile pensare a cortei che sfilino in rigoroso silenzio. Ma, forse, potrebbe essere proprio questo forte e lungo silenzio a impressionare maggiormente, e che quindi servirebbe ancor più alla buona causa.
Fonte: La Stampa



