Questa mattina, personale della Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione ad un’ordinanza del Tribunale di Palermo — Sezione del Giudice per le indagini preliminari, con la quale è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari all’indagato Piritore Filippo, ex funzionario di Polizia già in servizio presso la Squadra Mobile di Palermo ed ora in quiescenza.
Nei confronti dell’indagato, la Procura di Palermo ha formalizzato l’imputazione provvisoria di cui all’art. 375 c. 1 lett. b) e III del codice penale (depistaggio “dichiarativo”).
Il fatto contestato si colloca nell’ambito delle indagini che la Procura della Repubblica conduce con riferimento all’omicidio del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella (omicidio avvenuto, com’è noto, il 6 gennaio 1980), evento che per la qualità della carica che la vittima svolgeva al momento del delitto, assume evidente carattere di ragione di specifico interesse pubblico ai sensi dell’art. 5, comma 2 bis, d.lgs 106/2006 e successive modifiche.
L’indagato in particolare — sentito, nel settembre del 2024, dai magistrati della Procura quale persona informata sui fatti, in ordine alla ricostruzione delle vicende concernenti un guanto di pelle marrone di mano destra, ritrovato lo stesso giorno dell’omicidio a bordo della Fiat 127 utilizzata dagli assassini ma mai repertato né sequestrato da parte della Squadra Mobile — ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con le quali ha contribuito a sviare le indagini in corso funzionali (anche) al rinvenimento del detto guanto (mai più ritrovato).
Le determinazioni del Tribunale di Palermo, assunte in conformità alla richiesta della Procura della Repubblica e all’esito dell’interrogatorio previsto dall’art. 291, comma 1 quater, si inseriscono nell’ambito della fase cautelare incidentale e del vaglio del Giudice avente ad oggetto la gravità indiziaria, nonché la sussistenza delle esigenze cautelari.
L’eventuale responsabilità penale dell’indagato, pertanto, potrà essere affermata — al ricorrerne dei presupposti — soltanto all’esito del successivo processo.
Fonte: Procura della Repubblica di Palermo
Omicidio Piersanti Mattarella, arrestato per depistaggio l’ex prefetto Piritore
Secondo il pm, mentì sull’accessorio trovato sul luogo del delitto a bordo della Fiat 127 utilizzata dai killer. Spunta il nome di Contrada, ex numero due del Sisde, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Lui: “Mai saputo nulla”
La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto. Lo rende noto la Procura di Palermo.
Piritore è indagato per il depistaggio delle indagini sull’omicidio dell’ex presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980. Sentito dai pm sul guanto trovato il giorno del delitto a bordo della Fiat 127 utilizzata dai killer, mai repertato né sequestrato, secondo i magistrati “ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con cui ha contribuito a sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto (mai ritrovato)”.
“Il fatto – si legge nella nota della Procura guidata da Maurizio de Lucia – si colloca nell’ambito delle indagini che l’ufficio conduce con riferimento all’omicidio del presidente della Regione Piersanti Mattarella, evento che, per la qualità della carica che la vittima svolgeva, assume evidente carattere di ragione di specifico interesse pubblico”.
Il guanto, ritenuto un tassello importantissimo per risalire agli autori dell’omicidio, è sparito nel nulla. Ai pm, che l’hanno sentito come testimone a settembre del 2024, Piritore ha raccontato – mentendo secondo la Procura di Palermo – di aver inizialmente affidato il guanto all’agente della polizia Scientifica Di Natale che avrebbe dovuto darlo a Pietro Grasso, allora sostituto procuratore titolare delle indagini sul delitto.
Il magistrato, sempre secondo il racconto di Piritore, avrebbe poi disposto di fare riavere il reperto al Gabinetto regionale di Polizia scientifica e Piritore, a quel punto, lo avrebbe consegnato, con relativa attestazione, a un altro componente della Polizia scientifica di Palermo, Lauricella, per lo svolgimento degli accertamenti tecnici. L’indagato ha anche sostenuto che la Squadra mobile era in possesso di una annotazione da cui risultava la consegna.
“Filippo Piritore, consegnatario del guanto sin dal momento del suo ritrovamento, pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia. – gli contestano invece i pm – Essa iniziò probabilmente a partire dall’intervento sul luogo di ritrovamento della Fiat 127, ove indusse la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento e contrariamente a ciò che di norma avveniva in tali circostanze”.
Il Gip: “Piritore potrebbe reiterare il reato”
“Filippo Piritore, immemore del giuramento di fedeltà prestato nei confronti della Repubblica Italiana, dopo aver fattivamente contribuito alla dispersione di un reperto di importanza primaria per le indagini sull’assassinio di Piersanti Mattarella, ha, ancora oggi, continuato a perseguire concretamente un progetto illecito di depistaggio, attraverso propalazioni nocive per gli accertamenti investigativi” scrive il gip di Palermo che ha disposto i domiciliari per l’ex questore ed ex prefetto.
“A nulla vale rilevare come l’indagato sia in quiescenza: la spregiudicatezza della condotta, la pervicacia con cui la finalità illecita viene perseguita nell’attualità, a tutto danno dell’accertamento giudiziario concernente un gravissimo fatto di sangue, la dimostrata capacità relazionale involgente ambienti interni alla Questura ed orientata verso l’acquisizione – ancora una volta, illecita – di informazioni riservate lasciano affermare, con un grado di rassicurante certezza, che l’indagato sia in grado sia di reiterare il reato e di inquinare le prove già assunte o da assumersi, avvalendosi ancora una volta delle sue perduranti relazioni”.
Spunta il nome di Bruno Contrada, l’ex numero due del Sisde, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, nella storia del guanto. “Non ho mai saputo del ritrovamento di un guanto nell’automobile usata dai sicari del presidente Piersanti Mattarella. Io all’epoca ero a capo della Criminalpol e dirigevo la Mobile ad interim, in attesa della nomina del capo, che poi fu Giuseppe Impallomeni, che fu portato dal questore Vincenzo Immordino. Non sono andato nel luogo dell’omicidio in via Libertà dopo il delitto”: commenta l’ex numero due del Sisde, Bruno Contrada, che per 23 anni è stato ai vertici della polizia di Stato a Palermo, prima 14 anni alla Squadra mobile, poi sei anni alla Criminalpol, e poi 3 anni come capo di gabinetto dell’alto commissario per la lotta alla mafia, per poi passare ai Servizi.
Di Contrada, che ha 94 anni ed ha ancora una memoria formidabile, ricordando date e fatti con precisione, si parla negli atti dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’ex prefetto Filippo Piritore. “La Procura di Palermo – afferma Contrada – non mi ha interrogato per le nuove inchieste sull’omicidio di Piersanti Mattarella. Io non mi occupai delle indagini. Solo nell’agosto 1980 il questore mi chiese di andare a Londra, dove si trovava la moglie di Mattarella, che era testimone oculare del delitto, per mostrarle la foto di Salvatore Inzerillo, nato nel ’53, che per noi era implicato nell’omicidio del procuratore Gaetano Costa”.
“Piritore – continua Contrada – non è mai stato alle mie dipendenze alla Squadra mobile, dove sono stato fino al 1976. Ho una fotografia incorniciata con me e tutti i funzionari della mobile e lui ovviamente non c’è. Alla Mobile poi arrivò Giuliano come capo e io passai al servizio per il coordinamento interprovinciale delle operazioni di polizia Criminale della Sicilia Occidentale”. Sulla notazione “ore 18 battesimo dr Piritore” del 2 marzo 1980, trovata in un’agenda di Contrada, l’ex numero due del Sisde afferma: “Quell’ agenda stava sulla mia scrivania alla Criminalpol ma era un’agenda dove anche il piantone annotava cose. Non è escluso che abbia scritto del battesimo. Io ho conservato le agende perchè avevo intenzione di scrivere un libro sulla mafia. Non ricordo se andai a questo battesimo. Se fossi andato, non ci sarebbe stato nulla di male. Sono andato a matrimoni e ricorrenze anche di semplici agenti”.
Filippo Piritore, 75 anni, di Agrigento, posto ai domiciliari, ha percorso tutta la sua carriera professionale nella Polizia di Stato, terminando come prefetto di Isernia prima di andare in pensione. È entrato nell’amministrazione dell’Interno a fine anni ’70, lavorando nelle Questure di Palermo e Ragusa. Dal 1985 al 2000 è stato trasferito alla Questura di Roma, dov’è stato a capo dei commissariati di Pubblica sicurezza Esposizione, Prati e Trevi. Nel 2001 è stato nominato dirigente superiore dal dipartimento di pubblica sicurezza, e sempre in quell’anno da questore è assegnato a Macerata. È poi stato questore a Caltanissetta e quindi a L’Aquila, nel 2009 (l’anno del terremoto), per poi andare a ricoprire l’incarico a Genova, nel gennaio 2010. Nel 2011 ha lasciato Genova ed è stato posto in disponibilità con incarico del dirigente generale di pubblica sicurezza. A dicembre è stato nominato prefetto a Isernia.
Fonte: Rainews
Svolta sull’omicidio Mattarella, arrestato l’ex prefetto Piritore
È accusato di depistaggio, mentì sul guanto dimenticato dal killer.
Il sospetto di un depistaggio istituzionale lungo oltre quattro decenni è ora una certezza.
C’è l’ombra di pezzi delle istituzioni dietro il sistematico inquinamento delle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana che tentò di spezzare i legami tra mafia e politica, assassinato il 6 gennaio del 1980 mentre andava a messa con la famiglia.
Ne sono certi i magistrati di Palermo che, a distanza di quasi mezzo secolo, hanno dato un nome a chi avrebbe fatto sparire una delle prove decisive per l’individuazione degli esecutori materiali dell’assassinio, il guanto di pelle marrone dimenticato da uno dei due killer nella 127 rubata usata per la fuga e poi sparito nel nulla.
Con l’accusa di depistaggio è stato arrestato Filippo Piritore, ex poliziotto della Squadra Mobile che una veloce carriera ha poi portato ai vertici di questure e prefetture di mezza Italia. Sarebbe lui il funzionario infedele che avrebbe contribuito a far perdere le tracce del guanto costruendo un castello di bugie apparentemente verosimili. Piritore fu tra i primi a giungere in via degli Orti, luogo in cui la macchina venne lasciata dagli assassini e dove fu ritrovata poche ore dopo il delitto. Il reperto fu fotografato dalla Scientifica ma poi se ne persero le tracce.
Ai pm, che l’hanno sentito come testimone a settembre del 2024, raccontò – mentendo secondo la Procura – di aver inizialmente affidato il guanto all’agente della polizia Scientifica Di Natale che avrebbe dovuto darlo a Pietro Grasso, allora sostituto procuratore titolare delle indagini sul delitto. Il magistrato, sempre secondo il racconto di Piritore, avrebbe poi disposto di fare riavere il reperto al Gabinetto regionale di Polizia scientifica e il funzionario a quel punto, lo avrebbe consegnato, con relativa attestazione, a un altro componente della Polizia scientifica di Palermo, Lauricella, per lo svolgimento degli accertamenti tecnici.
Una storia ritenuta dagli inquirenti inverosimile e illogica da cui verrebbe fuori che una prova decisiva, tanto che della sua esistenza fu informato anche l’allora ministro dell’Interno Rognoni, sarebbe stata sballottata per giorni senza motivo da un ufficio a un altro. Le parole dell’ex funzionario, inoltre, cozzano con le testimonianze dei protagonisti della vicenda come Piero Grasso e l’agente Di Natale; con la prassi di repertare e sequestrare quanto ritenuto utile alle indagini seguita all’epoca in casi analoghi e col fatto che al tempo, alla Scientifica, non c’era nessun Lauricella. “Filippo Piritore, consegnatario del guanto sin dal momento del suo ritrovamento, pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia. – gli contestano invece i pm – Essa iniziò probabilmente a partire dall’intervento sul luogo di ritrovamento della Fiat 127, ove indusse la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento e contrariamente a ciò che di norma avveniva in tali circostanze”.
E nel giallo del guanto quello dell’ex prefetto non è l’unico nome eccellente. Agli atti dell’inchiesta c’è anche un altro discusso investigatore dell’epoca, Bruno Contrada, ex capo della Mobile poi diventato numero due del Sisde, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Contrada aveva rapporti con i boss corleonesi e nello stesso tempo conduceva le indagini sul delitto. E poi, dicono i magistrati, era legato a Piritore da un rapporto che andava oltre il lavoro. “Non eravamo affatto amici – ha ribattuto l’ex poliziotto – non sono mai stato a casa sua e non conoscevo la moglie. Non ho mai saputo del ritrovamento di un guanto nell’automobile usata dai sicari del presidente Piersanti Mattarella”.sarebbe una storia inverosimile e illogica da cui verrebbe fuori che una prova decisiva, tanto che della sua esistenza fu informato anche l’allora ministro dell’Interno Rognoni, sarebbe stata sballottata per giorni senza motivo da un ufficio a un altro. Le parole dell’ex funzionario, inoltre, cozzano con le testimonianze dei protagonisti della vicenda come Piero Grasso e l’agente Di Natale; con la prassi di repertare e sequestrare quanto ritenuto utile alle indagini seguita all’epoca in casi analoghi e col fatto che al tempo, alla Scientifica, non c’era nessun Lauricella.
Per approfondire – Il giallo del guanto dei killer di Piersanti Mattarella, la prova fatta sparire
Fonte: Ansa
Omicidio Piersanti Mattarella, le intercettazioni di Piritore: “Sto male da quando mi hanno convocato”
L’ex prefetto in auto con la moglie manifesta preoccupazione. La donna lo tranquillizza dicendogli che “dopo 40 anni non possono fare niente” e Piritore risponde “speriamo”. Parole che secondo la Procura di Palermo sono “incompatibili con la posizione di un funzionario che ha compiuto il proprio dovere”.
“È da quando ci hanno convocato a Palermo che sto male”. È il settembre del 2024 e Filippo Piritore, ex Prefetto arrestato oggi con l’accusa di avere depistato le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, non sa di essere registrato mentre sono in auto. Parla con la moglie della convocazione della Procura di Palermo.
Parlando delle prove sul delitto scomparse, Piritore dice: “Se sono state occultate, sono state occultate negli anni Novanta, quando si è scoperto il Dna”. Poi aggiunge: “Tutto quello che mangio mi fa acidità… è lo stress” ma la moglie lo tranquillizza: “Non fanno un cazzo… dopo quarant’anni che cazzo devono fare… sei proprio un uccello del malaugurio su ogni cosa… sei insopportabile… Non possono fare nulla”. E Lui: “Speriamo”.
Secondo la Procura di Palermo queste intercettazioni sarebbero “incompatibili con la posizione di un funzionario che ha compiuto il proprio dovere”. Parlando della convocazione dei pm, poi dice alla moglie: “Figura di merda, non ricordavo un cazzo…. Io poi gliel’ho detto… ‘guardi secondo me… dico saranno sparite negli anni ’90 perché dico prima nell”80 servivano da solo… non potevano servire solo per le impronte digitali…e dopo è venuto il Dna…quindi sono sparite da…se sono state occultate negli anni ’90…quando si è scoperto il Dna”.
La Procura spiega: “Il tenore delle conversazioni intercettate rivelava innanzitutto un profondo sconvolgimento di Piritore sia prima che dopo le sue dichiarazioni, tanto che lo stesso cercava di sfuggire alle domande della moglie durante il tragitto per e da Palermo per sottoporsi all’atto istruttorio”.
Fonte: Adnkronos



