Nuovo stop al processo per l’omicidio di Giulio Regeni: gli atti vanno alla Consulta

Regeni conf stampa

La Corte d’Assise di Roma ha deciso di sospendere il processo per la morte di Giulio Regeni, disponendo l’invio degli atti alla Corte Costituzionale. La decisione è legata a una questione di legittimità costituzionale sollevata dai legali d’ufficio che assistono i quattro imputati egiziani, ex appartenenti ai servizi di sicurezza del Cairo, accusati del rapimento, della tortura e dell’uccisione del ricercatore italiano.

L’eccezione sollevata riguarda il diritto di difesa degli imputati contumaci, ossia assenti al processo. I difensori d’ufficio hanno contestato la normativa che disciplina il gratuito patrocinio e la possibilità di nominare consulenti tecnici a spese dello Stato per gli imputati non presenti. Secondo la difesa, tale disciplina non garantirebbe parità di condizioni rispetto agli imputati presenti, impedendo di fatto la possibilità di ricorrere a traduttori o consulenti tecnici per preparare una difesa adeguata. In questo modo, si violerebbero i principi costituzionali sanciti dagli articoli 24 e 111 della Costituzione, che tutelano il diritto alla difesa e al giusto processo.

La Corte d’Assise ha ritenuto che la questione fosse “non manifestamente infondata” e “rilevante” per il giudizio in corso, e ha quindi disposto la sospensione del processo in attesa del pronunciamento della Consulta. In base alla procedura prevista, quando durante un processo viene sollevato un dubbio di costituzionalità su una norma applicabile, il giudice è tenuto a trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale, che valuterà se la norma rispetta o meno i principi della Carta.

Di conseguenza, tutte le udienze previste sono state sospese e il processo rimarrà fermo fino alla decisione della Corte Costituzionale. Solo dopo la pronuncia della Consulta il procedimento potrà riprendere, a seconda dell’esito: se la norma sarà ritenuta conforme alla Costituzione, il processo proseguirà regolarmente; in caso contrario, sarà necessario modificare o disapplicare la norma incostituzionale, con possibili effetti anche su altri procedimenti analoghi.

La sospensione rappresenta quindi un nuovo rallentamento in un processo che dura da anni, ma introduce un passaggio giuridicamente significativo. La questione tocca infatti un tema di grande rilievo costituzionale: garantire che anche gli imputati assenti possano disporre di una difesa effettiva, condizione imprescindibile per la validità e la legittimità di ogni processo penale.

Ed è qui che emerge il paradosso della democrazia. L’Italia, Stato di diritto, sospende un processo per assicurare che siano pienamente rispettate le garanzie difensive di imputati che in un altro Paese, l’Egitto, hanno negato ogni diritto a Giulio Regeni — la libertà, la dignità, la vita stessa. È un contrasto doloroso ma eloquente: la forza della giustizia democratica si misura anche nella sua capacità di tutelare i diritti di chi non li ha mai riconosciuti agli altri. In questo equilibrio fragile e nobile risiede la differenza tra chi pratica la legge e chi la calpesta.