Non si era mai vista. Non si era mai vista una contestazione silenziosa, ma così precisa e dura, da parte della magistratura, nei confronti del potere politico e in particolare del Ministro della Giustizia.
Ieri mattina, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, i magistrati del distretto giudiziario Piemonte e Valle d’Aosta sono usciti in silenzio dall’aula, numerosi e compatti, nel momento in cui ha iniziato a parlare la rappresentante del Ministero e sono rientrati soltanto quando lei ha terminato il suo discorso. Gran parte dei presenti, tra cui i sottoscritti, ha condiviso questa protesta in difesa della Costituzione.
Il punto centrale della giornata è stato quello relativo alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Questa separazione è presentata dal Ministro Nordio, con una sostanziale manipolazione delle parole, come una riforma della giustizia e non, com’è realmente, come una riforma della magistratura diretta a delegittimare e a mortificare quest’ultima. Riforma che oltretutto non è, come viene sostenuto, a costo zero, ma ha invece costi molto elevati. Infatti la separazione comporterebbe non uno, ma due concorsi d’ingresso alla carriera; non uno, ma due Csm; e in più un’Alta Corte disciplinare.
Inizierebbe così – checché ne dica il Ministro – un percorso dei pubblici ministeri che, in quanto sganciati dalla cultura della giurisdizione, diventerebbero inesorabilmente un corpo separato alle dipendenze, in un modo o nell’altro, del potere esecutivo. Verrebbero pesantemente indebolite la tutela e l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge perché il potere esecutivo sarebbe legittimato ad impartire ai pubblici ministeri direttive su che cosa fare e su che cosa non fare. Il potere politico potrebbe cioè indirizzare i pubblici ministeri ad applicare la legge in modo distorto e diseguale. Ne deriverebbe così, ad esempio, l’impedimento a svolgere processi per corruzione o per collusione con la mafia nei casi implicanti soggetti politici o comunque legati al potere.
E così magari, alla fine della storia, qualche buontempone, vista l’impossibilità di fare processi in questa materia, dirà che sono sparite la corruzione e la collusione con la mafia. Ma questo risultato fasullo non corrisponde evidentemente alle esigenze di uno Stato di diritto e all’impegno assunto dai magistrati che hanno giurato fedeltà alla Costituzione. Se è vero – come sembra – che questa riforma della magistratura rappresenta uno scambio di favori tra i partiti politici della maggioranza, ciascuno dei quali vuole mantenere fede al suo programma (che comprende il premierato e l’autonomia differenziata), si tratta di uno scambio contrario all’interesse dei cittadini e quantomeno assai discutibile.
Fonte: La Stampa



