L’Autorità garante dei dati personali (GDPR) ha perso la sua innocenza.
La vicenda della salatissima multa comminata dal Garante della privacy alla Rai per la puntata di Report in cui si dava conto della telefonata tra l’ex ministro Sangiuliano e la consorte Federica Corsini (8 dicembre 2024) ha dei tratti di particolare gravità.
La scelta (parrebbe neppure unanime) di decidere una sanzione non proprio usuale risulta assai opinabile, essendovi un pronunciamento del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio (dove il conduttore della trasmissione è iscritto) in cui si escludono violazioni della deontologia professionale. L’organismo in questione non può essere rimosso, avendo una collocazione formale nel sistema di verifica e controllo dei comportamenti giornalistici.
Ora il garante – istituzione nata a seguito della legge 675 del 1996 su impulso di Stefano Rodotà che ne divenne il primo Presidente dal 1997 al 2005 – bene farebbe a ritornare sul latte versato.
Tra l’altro, tra tutte le autorità, quella sui dati personali è in un certo senso la più delicata quanto ai comportamenti di chi ne è parte, visto che si occupa di faccende – appunto – assai delicate e private.
Chissà se Stefano Rodotà si è rivoltato nella tomba, essendo stato per lui fondamentale contemperare i due diritti: libertà di informazione e presidio della riservatezza.
Senza nulla togliere – ci mancherebbe – al prestigio dell’istituzione, sembra doveroso invocare un ripensamento.
A tutto ciò, che varrebbe comunque, si è poi aggiunto un episodio increscioso, ovvero la visita di un componente della stessa Autorità alla sede di Fratelli d’Itala in vista della presa di posizione del collegio cui partecipa Agostino Ghiglia. Che si tratti di una persona interna al mondo della destra come si evince dal suo cursus honorum politico poco c’entra. Se pure si è espressione del Parlamento e quindi dell’impulso di questo o quel gruppo, nel momento in cui ci si siede nei banchi di una funzione di garanzia, serve una postura francescana, lontana da qualsiasi tentazione.
Che l’ex deputato abbia conversato con Arianna Meloni o con Italo Bocchino (mahh) non è di per sé dirimente. Ma andare alla vigilia di un voto così delicato in una sede di partito ha tutta l’aria di una vera e propria convocazione.
Facciamo un passo indietro.
Lo scorso martedì 21 ottobre si tenne una significativa manifestazione promossa da 5Stelle (con la presenza pure di Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e diverse associazioni, tra cui Articolo21, nonché l’Ordine dei giornalisti) di solidarietà verso Sigfrido Ranucci, vittima di un criminale attentato davanti alla sua abitazione. In piazza vi erano diversi esponenti della destra, presenza di per sé molto significativa e importante.
Tuttavia, il dubbio sulla sincerità di tale manifestazione di affetto percorse coloro che ben ricordavano querele e attacchi piovuti da Fratelli d’Italia, persino dal partito e non solo da singoli esponenti.
Ecco. L’incontro avvenuto nella sede di via della Scrofa (già di Alleanza Nazionale) induce a pensieri maligni: era solidarietà con veleno incorporato?
Magari è un abbaglio. E allora si ritirino davvero le querele, che hanno raggiunto un tetto talmente alto da costituire un record assoluto. Si risponda con atti concreti, piuttosto che con toppe peggiori del buco.
Poi, il componente della struttura di garanzia decida se può o meno rimanere in un istituto che fonda l’autorevolezza e la forza sullo stile di chi ne è parte.
Report è l’ossessione della destra, perché osa mettere il naso nei lati oscuri del potere, uscendo dai confini prestabiliti del consenso e del dissenso definiti a tavolino, in cui la critica è ammessa ma a sovranità limitata. Sigfrido Ranucci, cui va la massima solidarietà per l’impegno civile e professionale che trasuda dal lavoro suo e della redazione, ha parlato laicamente della vicenda all’inizio della prima puntata della nuova serie di Report, accompagnata non a caso da un notevole successo di ascolto.
PS: chi vigila su Facebook, che sta censurando tra gli altri il sito di Articolo21?
Fonte: il manifesto



