Era il 1985, avevo da poco terminato il mio turno in ospedale, faceva caldo, era stato un pomeriggio faticoso, ma alle 21,43 del 23 settembre del 1985 all’improvviso la mia vita cambia radicalmente.
Non sento più la fatica, nè il caldo, la mia vita si ferma bruscamente, accanto alla Mehari di mio fratello, Giancarlo, colpito a morte dalla mafia.
Da quel preciso momento inizia la mia nuova vita, difficile, dura, faticosa.
Ho imparato a convivere con il dolore, perché nulla guarisce una tale ferita, una ferita che non cicatrizza mai, resta sempre un pò sanguinante, e basta poco per farla riprendere a sanguinare copiosamente, una foto, un album di famiglia, un libro, una canzone che mi riportano indietro nei miei primi 30 anni, felici, con mio fratello e la mia famiglia.
Niente è stato più come prima.
Mai avrei immaginato quella sera che dopo 40 anni Giancarlo e i suoi articoli sarebbero stati ricordati in tante città,e in tanti modi, con docufilm, spettacoli teatrali, canzoni, libri, dibattiti.
Siamo riusciti attraverso una memoria attiva, fatta di ricordo e di impegno a costruire un ponte tra passato e futuro. Ascoltare le voci dei bambini di una scuola elementare di Oliveto Citra cantare un rep ispirato al libro di Lorenzo Marone, “un ragazzo normale”, e sentirli urlare con forza “Perchè, perchè, perchè, era solo un ragazzo normale”, mi commuove ma nello stesso tempo mi fa comprendere che la storia di Giancarlo è viva e semina del bene.
È vero che da un’indagine di alcuni anni fa condotta nelle scuole della Campania i ragazzi mostravano di conoscere i nomi di tutti i personaggi delle fiction sulla camorra, e non quelli delle vittime.
Competere con le fiction di maggior successo di questi anni è un’impresa difficile.
Ma il lavoro dei familiari delle vittime innocenti, fatto di tanti interventi nelle scuole, nelle piccole comunità darà i suoi frutti.
E infatti dopo 40 anni Giancarlo sarà ricordato nei prossimi giorni a Napoli, a Roma, a San Giorgio a Cremano, a Torre Annunziata, a Quarto, a Pomigliano d’Arco, a Castellamare, a San Giuseppe Vesuviano, a Milano, Torino, Ravenna, Latina e a Bruxelles al parlamento europeo. Ma sono certo che tanti insegnanti in tante parti d’Italia il 23 settembre parleranno di lui ai loro alunni.
Un ponte tra passato, fatto di morte e sofferenza e futuro che ci auguriamo felice e libero dalle mafie. In fondo dipende solo da noi, dalle nostre scelte, dai nostri comportamenti.
Grazie a tutti coloro che con noi hanno seminato ogni giorno in questi lunghi quaranta anni, e a tutti coloro, donne e uomini di buona volontà, che continueranno a farlo.
Siete la nostra speranza. E vedrete che prima o poi cadranno nell’oblio i nomi dei mafiosi ma non quelli delle nostre vittime.
Siamo certi che i semi di speranza sparsi in questi anni in tanti luoghi, continueranno a germogliare e lo faranno ogni volta che qualcuno sceglierà di ribellarsi al silenzio, di denunciare, di raccontare ciò che vede senza piegarsi al ricatto o alla violenza, che resterà con la schiena dritta e scriverà una notizia pericolosa, ma vera. Accadrà, dovrà accadere, dobbiamo farcela.
Chi pensa ancora oggi di far tacere un giornalista che racconta la verità non sa che quella voce continuerà a essere viva attraverso le nostre voci e non si spegnerà.
Giancarlo diventi sempre di più il seme che genera un futuro migliore, più giusto, più umano, più felice.
È il 2025, settembre, fa caldo, ho terminato il mio turno in ospedale, e mi preparo a parlare ancora di Giancarlo.
Fonte: La Repubblica/Napoli, 16/09/2025
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