Lo scriviamo subito. Essere sulla copertina del Time non è cosa da tutti. Ricevere l’attenzione dell’iconica rivista statunitense è segno di grande rilievo politico, soprattutto con un titolo cosi: “Dove Giorgia Meloni sta conducendo l’Europa”.
Una “domanda” che, almeno apparentemente, sottintende che la leader di Fratelli d’Italia sia considerata una figura di rilievo strategico, una statista.
Ma, dietro questo “riconoscimento” si cela una questione più complessa: dove porterà il nazionalismo imperante nel vecchio continente?
A fronte delle critiche e dei dubbi del Time, quanto è opportuna questa celebrazione? Quanto, la Meloni, viene considerata davvero la protagonista del nuovo corso europeo? The last but not the least… quanto peso ha la propaganda?
Nel servizio – intervista di Massimo Calabresi, capo redattore a Washington del Time, si alternano luci e ombre.
Da un lato, la ricostruzione della carriera politica di Meloni, la sua ascesa, i risultati ottenuti. Dall’altro, il quadro critico che emerge analizzando la sua agenda politica: “al passo con la schiera globale di leader autoritari in ascesa”, come scrive Calabresi.
La stessa analisi penalizza l’immagine della premier dipingendola come una figura che mira a “consolidare il potere esecutivo, reprimere i media, esercitare il controllo sul sistema giudiziario”.
Un ritratto per certi versi inquietante, che non si ferma al confine italiano, estendendo lo sguardo a un’Europa sempre più permeata da estremismi e populismi nazionalisti, in linea con il modello MAGA statunitense.
A leggerla tutta – e bene – la narrazione del Time che indica Meloni come uno dei maggiori “player” europei del momento, si scontra con la realtà delle sue politiche e dell’atmosfera che si respira nel Paese.
Calabresi, pur tracciando un quadro all’apparenza benevolo della Meloni, alla quale riconosce l’elaborazione di un «nuovo» tipo di nazionalismo, non nasconde la tentazione autoritaria del governo italiano.
Una deriva che non può essere ammantata dietro le pagine di un articolo o di una copertina patinata.
Parliamo di politiche di restrizione dei diritti, di attacchi alla stampa e di un tentativo di controllo e restrizione delle libertà civili che, seppur mascherate da dichiarazioni di orgoglio sovranista e di tutela delle identità nazionali, sono molto più vicine a un modello autoritario che a quello democratico.
Che Meloni venga celebrata da una corrente ampia di sostenitori e – sui social – da un’onda di elogi che sfiorano il ridicolo, è più il risultato di un’abile propaganda di destra che un segno di forza.
Anche se appare evidente che la retorica populista, la demonizzazione degli immigrati e il richiamo a un “ordine” forte sono strumenti di una narrazione che contamina anche platee distanti dai valori meloniani. Ma basta andare oltre le apparenze per capire che dietro la raffigurazione della “statista” che Fratelli d’Italia cerca di accreditare ogni qualvolta la Meloni riceve “attenzioni” dalla stampa internazionale, si cela una politica che tiene saldamente le mani sulla barra del controllo, che non si è mai distaccata del tutto dall’estremismo di destra e che non esita a limitare diritti civili.
Distinguere tra un’immagine costruita e un’analisi onesta, tra un’auto-celebrazione e una realtà che richiede di essere guardata con occhio critico: questa è la vera sfida.
Solo approfondendo l’azione del governo, dalla riforma della giustizia al mancato adeguamento al Media Freedom Act (il Rgolamento europeo sulla libertà dei media), è possibile comprendere fino in fondo in che direzione sta andando l’Italia.
E, soprattutto, quale prezzo si sta pagando per questi nuovi, inquietanti nazionalismi, che riguardano una platea sempre più ampia di paesi europei.
Fonte: Articolo 21



