L’ignaro Falcone usato contro i pm

Giovanni falcone

La riforma costituzionale del governo Meloni che separa le carriere di Pm e giudici ha innescato varie polemiche su quale fosse al riguardo la posizione di Falcone e Borsellino.

La contrarietà di quest’ultimo alla separazione è indiscutibile dopo che Antonella Mascali (sul Fatto del 12 novembre) ha citato le testuali parole del magistrato sulla “ricorrente tentazione del potere esecutivo di mortificare i Pm predisponendone il distacco dall’ordine giudiziario anche attraverso il primo passo della definitiva separazione delle carriere”, traendole dal libro “Paolo Borsellino, oltre il muro dell’omertà. Scritti su verità, giustizia e impegno civile” (BUR 2022).

Quanto a Falcone, in un’intervista di Mario Pirani su Repubblica del 13 ottobre 1991, egli  sostiene che nel nuovo processo accusatorio “il Pm raccoglie e coordina gli elementi di prova da raggiungersi nel dibattimento, dove rappresenta una parte in causa”; mentre “ il giudice si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti”. Ma tutto ciò è contraddetto dal “fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano in realtà indistinguibili gli uni dagli altri”.

C’è il dubbio che Falcone – parlando di ruoli intercambiabili – si riferisse alla “separazione delle funzioni” più che “delle carriere”. La prima era allora disciplinata a maglie larghissime, per cui di fatto il pm che voleva diventare giudice e viceversa poteva farlo dalla sera alla mattina, stando nello stesso palazzo di giustizia: il che era francamente inopportuno, perché determinava proprio quella “intercambiabilità” che Falcone lamentava.

Tant’è vero che oggi non è più così. Il pm che voglia passare a giudice e viceversa deve soddisfare precisi requisiti e accettare di essere trasferito di regione, per cui di magistrati che cambiano funzioni ve ne sono ogni anno meno di dieci.

Tutt’altra cosa era ed è la “separazione delle carriere”, che dopo la riforma Meloni comporta due diversi CSM e due diversi percorsi professionali. E attenzione: ovunque vi sia separazione delle carriere, sempre – alla fine – il pm deve ottemperare agli ordini del potere esecutivo, che pertanto stabilirà chi perseguire e chi no, per quali reati e fino a che punto. Un trionfo per chi predilige la giustizia à la carte.

Quanto a Falcone, in ogni caso occorre contestualizzarne le opinioni. Rispetto all’epoca in cui egli parlava, tutto è cambiato: Tangentopoli e Mafiopoli hanno scatenato attacchi furibondi contro i magistrati, con insulti che neanche il peggior guitto di barriera; gli interventi giudiziari si valutano sempre più col metro della convenienza e non della  correttezza; per ricercare la verità spesso non basta essere magistrati onesti e preparati ma occorre anche essere coraggiosi e combattivi; finché con il governo Meloni si arriva a vedere – nel magistrato che fa un provvedimento che non gli piace – un pericoloso nemico della patria da “rieducare”.

E la separazione delle carriere è  appunto il suggello di tutto un percorso di umiliazione del Pm.

Senza dimenticare che Falcone, fin dai tempi del maxi processo, nell’area di Berlusconi era mal visto (basti citare Fumagalli Carulli, Maccartismo a Palermo, Il Giornale 19.11.88).

Oggi, invece, l’ignaro Falcone  è sbattuto con un magheggio sui manifesti di Forza Italia per propagandare la separazione delle carriere: tanto cara, oltre che al Cavaliere, al Venerabile piduista Gelli.

Fonte: Il Fatto Quotidiano