Lecco, passaggio di consegne alla pizzeria Fiore nel segno dell’impegno antimafia

Il passaggio della pala a fiore

Lecco: la pizzeria Fiore cambia gestione. Ma mantiene la fiaccola antimafia

“Di fiore in fiore”, il suggestivo slogan con il quale ieri sera è stato celebrato il passaggio del testimone – anzi, della pala per infornare – per la pizzeria “Fiore”, realizzata in quella che un tempo fu la “Wall Street”, il quartier generale del boss della ‘ndrangheta lecchese Franco Coco Trovato, oggi 78 anni, condannato all’ergastolo nel 1997, cinque anni dopo l’operazione denominata appunto “Wall Street” che portò all’arresto, oltre a Coco Trovato, di numerose altre persone e al sequestro di beni mobili e immobili per un valore complessivo immenso. Tra cui appunto la pizzeria di via Belfiore. In seguito assegnata dallo Stato al Comune di Lecco per un suo utilizzo sociale.

Dal 2017 è appunto diventata la “pizzeria della legalità” sotto l’egida dell’associazione “Libera” fondata da don Luigi Ciotti e dalla quale era allora coordinatore lecchese Paolo Cereda che per questo progetto si spese non poco, senza poterne vedere gli sviluppi. Inaugurata la pizzeria nel mese di marzo, Paolo Cereda moriva improvvisamente nel settembre dello stesso anno. E la sua figura, ieri sera, è stata ricordata più volte.

Ne ha parlato con commozione anche Marisa Fiorani, la mamma di Marcella Di Levrano, la donna di 26 anni di Mesagne in provincia di Brindisi uccisa per avere testimoniato contro la Sacra Corona Unita, la mafia pugliese: «È stato grazie a Paolo – ha detto infatti Fiorani – ed è successo qui a Lecco che mia figlia è stata per la prima volta inserita nell’elenco delle vittime ufficiali di mafia e solo dopo è entrata nell’elenco ufficiale di “Libera”». E nel frattempo la pizzeria Fiore – come ricorda una targa all’ingresso – era stata dedicata proprio alla memoria di Marcella.

La pizzeria – «sogno di pochi diventato un segno per tanti» come è stato detto – dopo la tradizionale chiusura per le ferie estive, riapre da oggi – 12 settembre – con una nuova gestione. In questi otto anni il locale è stato mandato avanti dalla cooperativa sociale “La fabbrica di Olinda” presieduta da Thomas Emmenegger, realtà che opera soprattutto nel Milanese. Per una serie di ragioni imprenditoriali, “La fabbrica di Olinda” ha deciso di lasciare. Al suo posto subentra la cooperativa lecchese “Il Grigio” fondata nel 2008, con sede a Calolziocorte e che opera in diversi settori. Sul fronte della ristorazione al “Grigio” fa tra l’altro riferimento anche “Offi Coffee”, il bar dell’Officina Badoni inaugurata lo scorso anno in corso Matteotti a Lecco.

Alla cerimonia di inaugurazione del “nuovo corso” della pizzeria Fiore sono intervenuti Gabriele Marinoni, presidente della Confcooperative dell’Adda, lo stesso presidente di “Olinda” Emmenegger, il presidente e il direttore del “Grigio” Francesco Manzoni ed Eugenio Bonolis, il sindaco Mauro Gattinoni, il coordinatore lecchese di “Libera” Alberto Bonacina e quello regionale Lorenzo Frigerio, il prefetto Paolo Ponta, Valeria Negrini per la Fondazione Cariplo e il diacono Fabio Maroldi della Casa della carità. Oltre appunto a Marisa Fiorani, accompagnata dal marito Piero.

Marinoni ha ricordato come, sia nel 2017 che oggi, tutti hanno dato il proprio contributo alla realizzazione del progetto che altrimenti non sarebbe stato possibile. A sostenere l’iniziativa, oltre a “Libera” che ha un ruolo di supervisione “politica”, ci sono anche le associazioni Arci e Auser-Filo d’argento.

Ma l’elenco delle persone, delle associazioni e degli enti da ringraziare è lungo, a sottolineare come la pizzeria sia espressione di un’intera comunità e faccia parte della storia locale. Entrambe le cooperative – “La Fabbrica di Olinda” e “Il Grigio” – si occupano dell’inserimento lavorativo delle persone con fragilità e che sia ora una realtà lecchese a farsi carico della gestione dimostra appunto come il nostro territorio abbia manifestato sensibilità.

Lo ha sottolineato lo stesso sindaco Gattinoni: «Il territorio ha risposto con responsabilità e misura. Un’iniziativa del genere presenta caratteristiche sociali, giuridiche, economiche e politiche particolari. Non si tratta semplicemente della gestione di un locale, ma di un progetto sociale, del recupero di un bene di provenienza criminale. Otto anni fa, farsi carico di una start-up, inventandosi una proposta in un locale oggettivamente angusto, avendo di fronte la sfida di un riscatto era un’autentica scommessa. E va detto che Thomas Emmenegger e “Olinda” hanno vinto questa scommessa. Il passaggio di testimone lo si può fare ora con serenità. E ciò si deve all’impegno di molti. Penso per esempio a Marina Panzeri, dipendente comunale ora in pensione che tanto ha lavorato per questo progetto. Il fatto è che, ritirandosi “Olinda”, Lecco non poteva permettersi l’onta di non garantire la continuità. Il nostro pezzetto lo abbiamo fatto. E ognuno ha fatto il proprio. A “Olinda” dobbiamo riconoscere che tenere aperto questo locale per otto anni non è poco. La pizza-gourmet era un progetto industriale e la clientela si è affezionata. Alla causa ma anche al palato».

Emmennegger si è soffermato proprio sul passaggio di testimone sereno, «grazie a tutti e grazie al Comune: abbiamo trovato porte aperte e disponibilità. Non è per niente scontato trovare un’amministrazione comunale così sensibile. E grazie naturalmente al “Grigio” per la tanta responsabilità e la giusta dose di rischio». E poi ha parlato del sicomoro, il legno con cui è realizzato un tavolo all’ingresso della pizzeria: «E’ un albero che si trova in Palestina. E’ un albero frondoso che fa ombra e dà frutti. È quindi un albero dove si trovano riparo e cibo. Il sicomoro è dunque un albero che fa comunità».

E di sicomoro ha parlato anche Fabio Maroldi, diacono permanente dalla Casa della carità, che ha impartito la benedizione non prima di avere ricordato, appunto, come il sicomoro sia una punta sulla quale ci si può arrampicare per cambiare lo sguardo. E cambiare lo sguardo è, appunto, lo scopo di questa iniziativa.

Francesco Manzoni del “Grigio” ha parlato della necessità di tenere accesa una fiaccola. E ha raccontato d’avere invitato a questo momento inaugurale il presidente Sergio Mattarella, non tanto o non solo perché capo dello Stato, ma anche ricordando il fratello Piersanti ucciso dalla mafia nel 1980: «Quando il Quirinale ha chiamato il “Grigio” cercando di me – ha raccontato – la segretaria stava quasi per appendere pensando a uno scherzo, ma è riuscita a contare fino a dieci… Il presidente aveva già i suoi impegni e non poteva essere presente ma si è detto molto interessato a quello che stavamo facendo e di portare a tutti voi i suoi saluti».

Per “Libera”, Bonacina ha parlato della pizzeria come di un bene simbolico non soltanto per Lecco, ma anche a livello nazionale: «Dieci anni fa era davvero una scommessa al buio, dopo vent’anni in cui non si era riusciti a trovare una destinazione per la struttura. Oggi non è più così».

Da parte sua, il responsabile regionale Frigerio ha ricordato come nel Lecchese siano altre tre luoghi sequestrati alle mafie e restituiti in questi anni ai cittadini: il centro diurno “Le querce di Mamre” a Galbiate, la Piccola Sartoria di Costa Masnaga e l’ex pizzeria “Il Giglio” di Pescarenico diventato centro per anziani. Ma l’ex “Wall Street” ha valenza particolare: era il luogo dove per anni Coco Trovato aveva organizzato la propria attività criminale. Quando l’edificio fu confiscato e divenne pubblico «per molti anni si discusse su come utilizzarlo: si ipotizzarono alloggi per anziani ma anche la caserma dei Vigli del fuoco salvo poi scoprire che le autobotti non riuscivano a entrare nei sotterranei. Per arrivare a Paolo Cereda che ha incalzato l’amministrazione comunale. Allora c’erano il prefetto Marco Valentini e il sindaco Virginio Brivio. Fu un incontro di intelligenze e di esperienze. Certo, questi ultimi, sono stati mesi un po’ difficili. Non era così scontato che questo luogo potesse continuare.

Negrini della Fondazione Cariplo ha detto di come «qui oggi si racconta una storia importante e storie di persone che hanno costruito questa realtà. Non è un semplice passaggio tra aziende. Niente e nessuno è andato perso. E le fondazioni sono affascinate dalle storie. Qui c’è una comunità che ha accompagnato questa iniziativa ed è un messaggio per l’Italia a non rassegnarsi».

Il prefetto Ponta ha poi sottolineato come lo Stato abbia bisogno della società civile e la pizzeria “Fiore” lo dimostra.

Per il momento – come ha spiegato il direttore Bonolis – l’offerta non cambierà: 15 tipi di pizza più quattro “gourmet” mentre per il menù ristorante quattro antipasti, quattro primi e quattro secondi, tenendo anche conto dei gusti di vegetariani e vegani.

Apertura solo serale da martedì a sabato, mentre la domenica la pizzeria sarà aperta sia a pranzo che a cena. In quanto agli ingredienti, anche in questo caso attenzione ai risvolti sociali: i prodotti di “Libera terra”, della torrefazione autogestita “Libertaria”, della cascina Don Guanella, la birra del birrificio artigianale valtellinese Pintalpina, il pastificio calolziese del “Grigio”. Sotto l’aspetto del personale, confermati tutti i dipendenti in servizio: quattro in cucina e tre in sala.

Si continua prudentemente sulla strada già aperta dai predecessori, dunque, poi strada facendo si vedranno eventuali possibili modifiche.

È stata poi la volta di Marisa Fiorani portare la propria toccante testimonianza: «Tornare a Lecco per me è un’emozione forte. Perché la storia di mia figlia, io ho cominciato a raccontarla a Lecco, su invito di Paolo Cereda. E per me fu importante la decisione di intitolarle la pizzeria». E a proposito di Mattarella ha ricordato come una ragazza pugliese di terza media abbia scritto una tesina su mia figlia e due anni dopo il presidente l’ha nominata “alfiere della Repubblica”.

E infine il ricordo: «Mia figlia – ha detto – era una ragazza che aveva voglia di vivere e aveva molti progetti. A sedici anni è entrata nel mondo della droga. Sono stati anni difficili. Fu cacciata da scuole: andai a protestare, chiesi perché al preside che mi rispose come ci fosse un regolamento che mia figlia aveva infranto e avrebbe quindi dovuto frequentare un’altra scuola. Ma mia figlia voleva la “sua” scuola. C’era un pregiudizio: che erano fatti nostri e non del sociale. Dopo quattro anni resta incinta da un ragazzo che la lasciò perché non volle abortire. Nel novembre 1984 divenne mamma, ma dopo due anni i servizi sociali le tolsero la figlia affidandola per fortuna a una zia. Mia figlia poteva vederla ma non viverci assieme. E ciò le diede la forza di andare in questura per raccontare tutto quello che sapeva sul mondo della droga. A quei tempi, noi si diceva che la mafia in Puglia non esisteva. E invece scoprimmo la Sacra Corona Unita. Mia figlia disse tutto, ma non voleva firmare niente perché sapeva cosa le sarebbe successo. Era il 24 giugno 1987. Venne registrata di nascosto: fece nomi e cognomi. E lo fece anche in giorni successivi, quando scopriva qualcosa di nuovo. Non le diedero nessuna protezione, allora non c’era una legge che lo prevedesse, venne lasciata in balia degli eventi. Tre anni dopo si svolse il processo alla Sacra Corona Unita, vennero depositate le sue dichiarazioni. Dopo poco mia figlia non c’era più» ha sostenuto, addentrandosi nel ricordo.

«Venne portata in un bosco e uccisa a colpi di pietra tra Mesagne e Brindisi. Era una proprietà privata e il custode si accorse di qualcosa, videro due persone che lasciarono cadere il corpo di mia figlia e fuggirono. Ma fuggì anche lui. Solo dieci giorni dopo, consigliato da qualcuno, denunciò quello che aveva visto. Era il 5 aprile 1990. Il giorno dopo feci il riconoscimento del corpo e mi giurai che avrei lottato per conoscere la verità. Ho lottato per vent’anni. Poi ho sentito parlare di “Libera” e mi ci avvicinai. Nel 2012 venni a Lecco per partecipare i campi di lavoro organizzati da Paolo Cereda. Per me è stata una persona eccezionale. Ha riconosciuto mia figlia come vittima innocente della mafia. Lo fece proprio lui, qui a Lecco, prima che “Libera” la includesse nel suo elenco ufficiale nazionale. Ecco perché credo che questo luogo non può morire e deve continuare a vivere»

Fonte: LeccoOnline


Cambio di gestione per pizzeria Fiore: “Il Grigio” prende il testimone da “Olinda”

Toccante la testimonianza di Marisa Fiorani, mamma di Marcella Di Levrano, vittima innocente di mafia a cui è dedicata la pizzeria.

“Una fiaccola sempre accesa, nonostante magari qualche calo di tensione: noi vogliamo riuscire a portarla avanti, non per noi stessi, ma in nome degli altri: l’altro bisognoso che qui può trovare una casa”. Con queste parole, pronunciate da Francesco Manzoni, si può ben riassumere il passaggio di testimone tra la cooperativa milanese La Fabbrica di Olinda e la cooperativa calolziese “Il Grigio”, da lui guidata, nella gestione della pizzeria Fiore di Lecco, bene confiscato alla ‘Ndrangheta nel 1994.

La cooperativa calolziese, che ormai da un anno gestisce anche l’Offi Coffee di Officina Badoni, gestirà la pizzeria insieme ad Auser e Arci, che già affiancavano Olinda. Impedire che la pizzeria cessasse la sua attività, infatti, era “un imperativo morale”: così l’ha definito il sindaco Mauro Gattinoni. Proprio nella serata di ieri, giovedì 11 settembre 2025, si è tenuto il simbolico “passaggio della pala” tra i presidenti delle due cooperative, alla presenza di autorità, istituzioni e clienti abituali della pizzeria, che proprio oggi, venerdì 12 settembre, riaprirà le sue porte dopo le ferie.

“Il Grigio” prende il testimone da “Olinda”

“Volevamo dare una continuità ad un’esperienza importante, concreta e al contempo simbolica, che crea occupazione ma che rappresenta anche un presidio per la promozione della legalità e il contrasto alla criminalità organizzata – le parole di Gabriele Marinoni, dirigente della cooperativa Consorzio Consolida, di cui fa parte la cooperativa “Il Grigio” – La volontà era quella di consegnare la storia di questo luogo ad una cooperativa del territorio”.

E la cooperativa “Il Grigio” ha accettato la sfida. Spiega infatti il presidente Francesco Manzoni: “Il minimo che possiamo fare è tenere viva questa luce, che si è accesa nel 2017 con tanta fatica, ma con degli obiettivi che si sposano con quelli della nostra cooperativa: scaldare questo cemento armato affinché diventi cemento disarmato”. Manzoni ha portato i saluti nientemeno che del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, invitato alla serata: seppur impossibilitato a venire, ha dato precisa indicazione di salutare tutti a nome proprio, ritenendo particolarmente degna di nota l’iniziativa.

Un passaggio di testimone che, come ha sottolineato il primo cittadino, ha richiesto coraggio da parte della cooperativa “Il Grigio”, ma che può avvenire in serenità grazie alla innovativa gestione avviata dalla cooperativa Olinda, che ha ringraziato per aver promosso, da zero, una start up, inventandosi un’estetica, un menù, un format comunicativo e commerciale efficace, mantenendola in vita per ben otto anni e trasformando un “bunker di cemento” in un locale arredato con dei libri, impregnato di cultura.

Un cambio di gestione che però sarà all’insegna della continuità: come ha chiarito il direttore della cooperativa “Il Grigio”, Eugenio Bonolis, infatti, tutto il personale – 7 dipendenti: 4 tra cucina e pizzeria e tre per la sala – verrà assorbito dalla cooperativa “Il Grigio”, garantendo continuità occupazionale. La pizzeria sarà aperta la sera da martedì a domenica e la domenica anche a pranzo. Ci sono diverse novità nel menù, legato alle attività della cooperativa, come il pastificio di Calolziocorte, e alle collaborazioni che “Il Grigio” ha intessuto con i produttori locali. La carta del menù si articola su 4 primi, 4 secondi, 4 contorni e 4 antipasti, con attenzione anche alle sensibilità emergenti come il vegetarianesimo e il veganesimo, oltre alla presenza di piatti gluten free. Per quanto riguarda le pizze, sono 15 le proposte oltre a 4 gourmet a rotazione.

Nonostante un po’ di nostalgia, il presidente di Olinda, Thomas Emmenegger, ha sottolineato di essersi trovato accolto in questo percorso di passaggio di testimone: “C’è stato un lungo confronto tra la nostra cooperativa e ‘Il Grigio’; loro hanno saputo prendere in mano la gestione con responsabilità, ma anche con la giusta dose di rischio, dando un futuro a questo posto” (la convenzione tra cooperativa e Comune scadrà nel gennaio 2028). Emmenegger ha poi ricordato come il tavolo in legno posto all’ingresso del locale sia un Sicomoro: un albero originario della Palestina con lunghe chiome che fanno ombra e che producono frutti. “L’albero dà ombra e dà da mangiare, e la tradizione vuole che la frutta del sicomoro la si mangi tutti insieme sotto l’albero: è un albero che fa comunità, e questo è il mio augurio per questo progetto”.

Un grazie alla cooperativa Olinda è giunto anche da Alberto Bonacina, coordinatore di Libera Lecco: “Con la cooperativa Olinda siamo riusciti a riportare alla città questo bene confiscato alla mafia che è diventato un simbolo non solo per Lecco, ma per Libera nazionale: è diventato un esempio di buone pratiche di recupero di un bene confiscato”. Bonacina ha ricordato la difficoltà di gestire un bene simile, considerato la necessità di conciliare una visione imprenditoriale efficace con la natura del bene, che deve mantenere il ruolo chiave di veicolo di messaggi importanti, e in questo Libera darà il proprio contributo.

Presente anche il coordinatore provinciale di Libera, Lorenzo Frigerio, che ha ricordato come proprio nel bunker sotto alla pizzeria Franco Coco Trovato sia stato catturato: “Questo manufatto di cemento armato ancora oggi ci dice quale voleva essere il ruolo della criminalità organizzata in questa città. Quando nell’autunno scorso Olinda ci ha comunicato di volersi concentrare sulle attività che gestiva nella zona di Milano, abbiamo vissuto dei mesi un po’ difficili perché non era scontato che l’attività della pizzeria potesse continuare”. Fortunatamente, la cooperativa “Il Grigio” è prontamente intervenuta a scongiurare la chiusura del locale. Frigerio ha quindi richiesto un impegno consolidato e continuo da parte di Regione affinché i beni confiscati possano trasformarsi in opportunità di lavoro e affinché la legge voluta da Libera produca davvero un cambiamento.

Un passaggio di testimone che permette a questo bene confiscato alla mafia di continuare a ricoprire il ruolo di punto di riferimento all’interno della comunità, come ha sottolineato il prefetto di Lecco, Paolo Ponta: “Lo Stato ha bisogno della società civile per far rifiorire questi beni sottratti alla criminalità organizzata – le sue parole – Questo bene è frutto della collaborazione tra Stato, enti locali, cooperative sociali e fondazioni: tutta la società civile ha concorso a rendere questo bene vivo e non c’è sfregio maggiore per la criminalità organizzata che dimostrare che un loro bene è diventato un valore aggiunto per la comunità. Questa è una vittoria dello Stato inteso come collettività”.

La testimonianza di Marisa Fiorani, mamma di Marcella Di Levrano, vittima innocente di mafia

Tanti gli ospiti alla cerimonia di passaggio di testimone, tra cui presidenti di fondazioni benefiche, autorità del territorio, rappresentanti di diverse realtà locali… e una ospite d’eccezione: Marisa Fiorani, mamma di Marcella Di Levrano, vittima innocente di mafia a cui è dedicata la pizzeria.

Marisa ha raccontato la storia della figlia, ricordando come proprio qui a Lecco il suo nome fu pronunciato per la prima volta nel – tristemente lungo – elenco delle vittime innocenti di mafia: “Mia figlia era una ragazza piena di vita, solare, con tanti progetti. A 16 anni fece le sue prime esperienze con le sostanze stupefacenti e la scuola la cacciò (erano gli inizi degli anni 80): tanti ragazzi in quegli anni si sono persi per l’assoluta indifferenza delle istituzioni. Poi Marcella rimase incinta, e il suo ragazzo la abbandonò perché lei si rifiutava di abortire. Così nel 1984 nasce la sua bambina. Dopo quasi due anni i servizi sociali le hanno tolto la figlia, affidandola a sua sorella: Marcella poteva vedere la bambina, ma non poteva vivere con lei. Questo le diede la forza di andare in Questura a Lecce per raccontare ciò di cui era venuta a conoscenza quando frequentava il giro che ruotava intorno alle sostanze stupefacenti”.

Marcella con coraggio decise di cambiare vita per dare un futuro dignitoso alla sua bambina e di denunciare le persone che facevano parte della rete di spaccio: “Nell’87 denunciò, facendo tutti i nomi e cognomi. Noi in Puglia all’epoca credevamo di non avere la mafia, e invece sì. La sua testimonianza fu registrata di nascosto . Da lì Marcella fece una scelta: ogni volta che acquisiva nuove informazioni, andava a denunciare, perché voleva che le persone che ruotavano intorno a quel mondo venissero fermate. Non le danno però nessuna protezione: non c’era la legge che proteggeva i testimoni di giustizia. Nel 90 si celebra il maxi processo alla Sacra Corona Unita (la mafia pugliese, ndr), vengono trascritte anche le sue registrazioni e depositate agli atti”.

Marcella è diventata una testimone troppo scomoda per qualcuno, che decide di farla tacere: “L’hanno portata in un bosco privato e l’hanno uccisa a colpi di pietra. Quando denunciammo la scomparsa in caserma ci dicevano: ‘Tornerà’. Dopo 10 giorni trovarono il corpo nel bosco (il custode aveva visto due persone trascinare il corpo, ma aveva denunciato solo giorni dopo): dovetti fare io il riconoscimento, e in quel momento giurai a me stessa che dovevo lottare per conoscere la verità”.

Da questo destino tragico e ingiusto, la mamma di Marcella decise di trarre la forza per sensibilizzare i giovani e portare avanti la lotta alle mafie, in nome di sua figlia: il 21 marzo 2009 per la prima volta partecipò a Napoli alla Giornata per la memoria delle vittime innocenti di mafia; nel 2012 partecipò al campo di lavoro di Libera a Lecco organizzato da Paolo Cereda: “Paolo ha riconosciuto per la prima volta mia figlia come vittima innocente di mafia: a Lecco per la prima volta è stato letto il suo nome”.

Dopo la toccante testimonianza, alla quale è seguito un lungo applauso, la benedizione di don Fabio ha sancito il passaggio simbolico della pala tra le due cooperative, all’insegna delle parole del sacerdote: “Qui il lavoro assume un significato profondo: diventa strumento di riscatto e espressione concreta per il bene comune”. Un augurio affinché la pizzeria Fiore continui ad essere un baluardo sociale e culturale sul territorio.

Fonte: Prima Lecco


Nuova gestione per Fiore, la pizzeria della legalità

A distanza di otto anni dalla restituzione alla collettività del noto bene confiscato alla criminalità organizzata di Lecco, il testimone della gestione è passato infatti dalla Cooperativa La Fabbrica di Olinda di Milano alla cooperativa Il Grigio di Calolziocorte.

Cambia gestione la Pizzeria Fiore. A distanza di otto anni dalla restituzione alla collettività del noto bene confiscato alla criminalità organizzata di via Belfiore, a Lecco, il testimone della gestione è passato infatti dalla Cooperativa La Fabbrica di Olinda di Milano alla cooperativa Il Grigio di Calolziocorte che, insieme ai partner storici dell’Associazione Temporanea di Scopo (Arci Provinciale e Auser Filo d’argento), proseguirà l’attività di ristorazione fino alla scadenza naturale del contratto con il Comune di Lecco.

Era infatti il 2017 quando Fiore apriva i battenti dopo un tortuoso percorso burocratico-istituzionale durato oltre 10 anni e grazie all’impegno determinato delle Istituzioni locali (Prefettura, Comune di Lecco, Regione Lombardia) del terzo settore e della società civile.

Dopo il sequestro e la confisca del bene nella celebre operazione Wall Street, avvenuta nei primi anni Novanta, davvero molteplici i passaggi per approdare alla definitiva assegnazione dell’immobile al Comune di Lecco nel 2013, la successiva ristrutturazione ad opera di Aler con finanziamento di Regione Lombardia e infine l’affidamento della gestione dell’attività all’ATS formata da Cooperativa La fabbrica di Olinda, Arci provinciale e Auser Filo d’argento. Questo attraverso un bando ad evidenza pubblica.

La cooperativa La Fabbrica di Olinda di Milano ha progressivamente avvertito la necessità di individuare un soggetto cooperativo nel tessuto economico locale che potesse seguire più da vicino un’attività che, se negli anni era andata conquistando riconoscimento per la qualità offerta e la propria capacità di creare posti di lavoro dignitoso, andava soffrendo sempre più i limiti di un minor radicamento nel tessuto sociale del territorio.

Queste difficoltà hanno così portato la Fabbrica di Olinda a meditare la possibilità di fare un passo indietro ed a formulare un appello alla Cooperazione sociale locale affinché scendesse in campo per offrire continuità ad un progetto che certamente nessuno voleva interrompere o ancor peggio vedere vanificato. Da questo momento ha preso avvio un percorso durato 7 mesi per considerare e valutare ogni aspetto sia sotto il profilo della fattibilità formale che di quella imprenditoriale.

Con l’ottenimento da parte del Comune di Lecco dell’assenso al subentro di nuovo soggetto nel contratto vigente (eventualità specificatamente prevista dal contratto stesso) e grazie alla disponibilità di raccogliere la sfida da parte della Cooperativa Sociale Il Grigio di Calolziocorte, opportunamente supportata dal Consorzio Consolida, è stato possibile approdare ad un passaggio diretto nella gestione che proporrà dal mese di settembre 2025 il rilancio dell’attività con il mantenimento di tutto il personale in forza.

Così come nella fase di avvio del progetto, determinante si è rivelato il supporto culturale dell’Associazione Libera, quello di Arci e di Auser Filo d’argento così come quello di Confcooperative dell’Adda che ha affiancato in questi mesi le cooperative nel delicato passaggio di consegne coordinando tutta l’operazione.

Molto importante anche il concorso di Fondazione Cariplo, Fondazione Vismara, Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore, CFI e Legacoop Lombardia, realtà già impegnate nel supporto imprenditoriale delle due cooperative in questione.

A caratterizzare la nuova gestione oltre ad un maggiore coinvolgimento del tessuto sociale locale il mantenimento di una proposta che sappia coniugare qualità del cibo e delle relazioni, responsabilità civile, consapevolezza e rispetto della memoria, sguardo pedagogico verso le nuove generazioni.

Giovedì sera il passaggio di consegne, alla presenza del Sindaco Mauro Gattinoni, del nuovo Prefetto Paolo Ponta, del Coordinatore Regionale di Libera Lorenzo Frigerio, dei presidenti delle cooperative uscente, Thomas Emmenegger, e subentrante, Francesco Manzoni. Tra gli ospiti Marisa Fiorani con il marito Piero, mamma di Marcella Di Levrano, vittima innocente di mafia a cui è dedicato il bene confiscato.

Le attività di Fiore riprendono regolarmente da oggi con apertura dal martedì alla domenica sera e il mezzogiorno della domenica. La proposta gastronomica è stata rivisitata ed integrata sempre all’insegna della qualità e del consumo consapevole.

Fonte: La Provincia Unica