Latina, primi permessi speciali per i braccianti che hanno aiutato la giustizia contro i caporali

Braccianti latina

La foto ricordo davanti al palazzo che Benito Mussolini volle  con la forma del suo cognome è il suggello di una vittoria non scontata, faticosa, e, al fondo, l’immagine reale di che cos’è l’immigrazione economica in Italia. Eccoli i nuovi lavoratori stranieri regolari che il permesso se lo sono “guadagnato” aiutando la giustizia italiana.

Nell’ufficio immigrazione della Questura di Latina sono stati appena firmati 22 “permessi di soggiorno per casi speciali” ad altrettanti braccianti indiani che hanno contribuito alle indagini sul caporalato e lo sfruttamento in agricoltura nell’agro pontino.

È stata un’operazione lunga, iniziata alle 8 in punto, quando gli uffici di Palazzo M della questura aprono e c’è già la lunga fila della speranza, di immigrati che si presentano per depositare le domande o tornano per chiedere a che punto è la loro pratica. Questa non è una mattina come le altre: ventidue lavoratori stranieri, accompagnati dai segretari della Flai Cgil, stanno per realizzare un sogno di giustizia, il riconoscimento di aver contribuito a rendere l’economia italiana più equa.

Le loro storie stanno dentro ai fascicoli della Procura pontina, che ha molto contribuito a questa svolta, sono storie di persone informate sui fatti; hanno raccontato come funzionava il sistema dello sfruttamento nelle campagne, hanno detto che i documenti falsificati non li aveva fatti loro ma i caporali, hanno svelato il vero volto delle case dove vivono che non coincidono con quelle descritte negli atti, perché se non hai un alloggio idoneo il permesso in Italia te lo scordi, ma tutti sanno che i braccianti vivono nelle baracche e che spesso nei fascicoli formali ci sono colossali balle.

Chi collabora con la giustizia ha un qualche riconoscimento. Succede anche con i mafiosi e i camorristi. Invece finora con i braccianti non aveva funzionato: se durante i controlli l’Ispettorato del lavoro trovava braccianti stranieri privi di permesso di soggiorno o scaduto, elevava una multa pecuniaria al datore di lavoro e al contempo partiva la procedura di espulsione per i lavoratori. La beffa e il danno messi insieme.

Ci è voluta la terribile morte di Satnam Singh, un anno fa, per rovesciare il tavolo e far emergere quella che era una palese ingiustizia.

Da allora Procura, Prefettura e enti ispettivi hanno dichiarato che i lavoratori irregolari e privi di permesso che avessero contribuito ad accertare le irregolarità sistemiche e gli eventuali reati connessi avrebbero avuto il riconoscimento del permesso di soggiorno speciale. Così è stato per i 22 che hanno firmato in questi giorni.

Prima di loro erano stati riconosciuti altri 28 permessi con lo stesso criterio, di cui cinque per il solo caso-Satnam. Le procedure si sono svolte presso l’ufficio immigrazione della questura di Latina che si trova all’interno di Palazzo M, lo stabile a forma di M di Mussolini. Un segno, un paradosso, una rivincita o chissà cos’altro.

Il destino ha voluto che la nuova vita in Italia (in Europa) di questi lavoratori iniziasse nel luogo che ha ispirato un’altra idea di mondo, che anche la destra attuale vorrebbe ripristinare almeno in parte, la parte dei diritti minorati per chi non è italiano.

Fonte: Articolo 21

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