Intelligenza artificiale. Come convivere con qualcosa che però non è il demonio

Ia studenti

Che settimana piena e penosa, quella passata.

Dopo la pausa di Pasquetta eccomi dunque a mantenere la promessa fatta nell’ultima puntata di questi “Fatti italiani”. Quella di spiegare come fronteggiare l’intelligenza artificiale invece di disperarsi per la sua avanzata.

In fondo, credetemi, è una questione (ma sì…) di intelligenza. Abbiamo davanti qualcuno che è per metà alleato e per metà nemico. E il “per metà nemico”, come tutti i nemici, va studiato. Occorre comprenderne i punti di forza e di debolezza. Per poi infilzarlo come un tordo proprio sui secondi.

Nel mio impegno universitario mi ci sto dedicando con una certa piacevole abnegazione. Intanto, con Federica ricercatrice bravissima, abbiamo scoperto che ancora nel 2025 se consultate la super-intelligenza che tutti ci dovrebbe dominare trovate un sacco di errori. E dunque già oggi a lezione farò ottimi esempi.

Ragazzi, volete andare a un bagno di sangue al prossimo appello? Ecco, basta che mi ripetiate queste cose. Ho una certa pratica in proposito, ormai. Un paio di volte abbiamo trovato in aula alla fine degli esami, dimenticati da qualcuno entusiasta di essere “passato” per un pelo, i bigini usati (a pagamento) da un po’ di studenti. Sempre gli stessi marchiani strafalcioni “consigliati” da qualche sapientone. Ne senti uno la prima volta, e resti incredulo. Poi la seconda e poi la terza finché capisci: c’è un nuovo bigino in giro.

Ecco, su certe (molte) materie l’intelligenza artificiale funziona esattamente nello stesso modo. Proveniente da fonti incerte (appunti sulle lezioni) e figlia di una stratificazione di ignoranze.

Io poi devo ammettere di essere particolarmente avvantaggiato. Perché, come non mi stanco di ripetere, in Italia ci sono due argomenti su cui tutti si sentono in grado di parlare a ruota libera: la nazionale di calcio e la mafia. E i libri non sono da meno. Ci si trovano dunque spessissimo cose scritte con serietà di intenti ma che paiono scaturire da abbondanti libagioni, condite di neologismi surreali usati “ad muzzum”.

Insomma, se l’AI (elegante, eh?) è la somma-sintesi del sapere esistente, bisogna pur tenere conto di qual è il livello mediamente esistente di quel “sapere”. E ricordare che l’AI non lo rielabora, non è in grado di setacciarlo criticamente, e nemmeno creativamente.

Ma mettiamo il caso che esista sulla materia di cui vi occupate una letteratura decente e consolidata. Vi suggerisco di comportarvi così.

1. Ipotesi di esame per frequentanti: domande soprattutto sul corso (l’AI non sa che cosa avete detto a lezione), stando attenti a non ripetere mai il corso nello stesso modo ogni anno (ovvero; si vince se non si è pigri). E dunque: quali sono stati i passaggi del corso che l’hanno colpita di più? E perché? Rapporti con esperienze personali (il “per metà nemico” non può saperle). Una volta sola chiedere una data: significativa, estraendola apparentemente a caso dal rotolo narrativo che l’AI fornisce. Per avere il polso, capire come tutto viene collocato.

2. Ipotesi di esame per non frequentanti. Anche qui guai ai pigri. Cambiare sempre le domande, soprattutto porgerle in forme sempre diverse, costruendo e ricostruendo le assonanze verbali -importantissime-. Mai porre come domanda il titolo di un capitolo o un tema generale. Semmai spostarsi su parallelismi, differenze, contesti, attualità,

In fondo è un gioco. Qualcuno ci riconcorre per sentire che cosa diciamo e poi ripeterlo, e riorganizzarlo con mezzi più potenti dei nostri. Noi dobbiamo correre e lasciarlo dietro, a volte ingannarlo come piccoli Ulisse. Attrarlo nei tranelli e farlo inciampare. Fingere di dire una cosa e dirne un’altra.

Lui fila veloce, perciò noi non possiamo permetterci di essere senza slancio e fantasia. Anzi dobbiamo essere così imprevedibili che mentre combattiamo “la metà nemica” dell’AI ci facciamo aiutare dalla sua metà buona. Che gusto, no?

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 28/04/2025

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