In un tempo in cui la memoria collettiva viene trattata come un fardello, un ostacolo da rimuovere per non “disturbare” l’ordine costituito, un ministro della Giustizia arriva a chiedere pubblicamente di “lasciare cadere nell’oblio” le verità mai accertate, i delitti di sangue rimasti senza giustizia, le ferite ancora aperte delle stragi di mafia e di Stato.
È accaduto in Italia, nel Paese di Falcone e Borsellino, dove le parole dovrebbero essere pietre di responsabilità, non di rimozione. Eppure, questo appello all’oblio, travestito da invito alla pacificazione, colpisce come uno schiaffo chi da decenni combatte per la verità, per la giustizia, per il diritto a sapere.
L’oblio come offesa al dolore
Che dire?
Avere un ministro della Giustizia che invita i familiari delle vittime, i magistrati, i giornalisti e tutti quei cittadini che hanno ancora il coraggio di chiedere verità a “dimenticare” chi ha ucciso, dilaniato, straziato i corpi delle vittime innocenti di mafia, terrorismo e criminalità politica, non solo spaventa: addolora profondamente.
È un insulto al dolore delle madri, dei padri, dei fratelli e delle sorelle che, dal 1947 a oggi, hanno visto morire i propri cari sotto le bombe, nei covi, nelle auto esplose, nelle piazze insanguinate di Portella della Ginestra, di Piazza Fontana, dell’Italicus, di Bologna, di Capaci, di Via D’Amelio, del Rapido 904, fino ai delitti irrisolti della nostra epoca recente.
Dire “dimenticate” equivale a dire: «Mettete il vostro dolore in pausa. Anzi, cancellatelo, perché la verità non serve più.»
Una frase orrenda. Mostruosa.
L’Agenda Rossa come atto di resistenza morale
Ma l’Agenda Rossa di Paolo Borsellino ci insegna l’opposto: ci insegna a ricordare, cercare, domandare.
Era il suo diario di lavoro, quel taccuino rosso ricevuto dall’Arma dei Carabinieri e scomparso dopo la strage di Via D’Amelio il 19 luglio 1992. Dentro c’erano appunti, nomi, riflessioni, indizi, piste investigative e forse verità inconfessabili sui rapporti tra mafia, politica, servizi segreti deviati e poteri infedeli dello Stato.
In quelle pagine si concentrava un’idea di giustizia come ricerca continua, come atto d’amore verso la verità.
E quell’agenda, oggi, è diventata un simbolo universale della memoria viva, un monito contro l’oblio, un richiamo al dovere civile di sapere.
Agenda Rossa 2025 – un progetto di memoria per l’Italia
È proprio da questo spirito che nasce l’Agenda Rossa – Edizione Speciale 2025, curata da Salvatore Borsellino e pubblicata da IOD Edizioni, un’opera monumentale che attraversa la storia italiana dal 1947 al 2024, raccogliendo 61 schede storiche su stragi, omicidi e trame eversive.
Dal sangue di Portella della Ginestra alle bombe di Capaci e Via D’Amelio, passando per Piazza Fontana, l’Italicus, Bologna, Ustica, Peteano, il Rapido 904, e le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze, l’Agenda racconta una lunga scia di verità negate, di depistaggi, di eroi civili dimenticati.
Ogni pagina è un frammento di storia e di coscienza: testi, immagini, testimonianze, dipinti di Gaetano Porcasi e una postfazione di Saverio Lodato, che chiude l’opera con un titolo che suona come una promessa: “Se trentatré anni vi sembran pochi…”
Contro l’oblio: la verità come atto rivoluzionario
In un Paese dove la menzogna spesso si traveste da “versione ufficiale” e la rimozione diventa prassi politica, ricordare è un atto rivoluzionario.
La verità, anche quando scomoda, è il fondamento della democrazia. E ogni volta che un cittadino, un insegnante, uno studente o un giornalista sceglie di ricordare, compie un gesto politico nel senso più alto del termine.
È per questo che l’Agenda Rossa non è solo un libro: è una bussola morale, un percorso educativo e civile pensato per le scuole, per le associazioni, per le nuove generazioni.
È un invito a resistere contro la rimozione, contro la paura, contro l’indifferenza.
Il dovere di ricordare
Chi invoca l’oblio non lo fa per pietà, ma per convenienza.
Solo chi ha dimenticato il senso profondo del dolore altrui può chiedere di cancellarlo.
Noi, invece, scegliamo di ricordare — non per nostalgia, ma per giustizia.
Perché la memoria non serve solo ai morti, ma anche ai vivi.
Serve a salvare la democrazia, a proteggere il futuro, a non lasciare soli coloro che ancora oggi cercano la verità.
L’oblio è comodo, la memoria è faticosa.
Ma è proprio nella fatica del ricordare che si costruisce la coscienza civile di un Paese.
E l’Agenda Rossa, ancora una volta, ci insegna a non dimenticare.
Agenda Rossa – Edizione Speciale 2025
Contatti: iodedizioni@gmail.com



