«Un libro di inchiesta è tanto più efficace quanto più sono dirette e importanti le voci che si trovano all’interno. In queste pagine troverete una sola voce, densa, preziosa come un diamante per la conoscenza collettiva. È la voce di un militante neofascista che solleva il velo nero che copre il suo gruppo e che vi guiderà alla scoperta di un mondo ancora troppo oscuro. Un mondo che ci riguarda tutti, perché il neofascismo – soprattutto quando è sdoganato, sfacciato, protetto e coperto direttamente o indirettamente da chi ha in mano il potere – è pericoloso per la democrazia» – Paolo Berizzi.
In accordo con l’autore e per gentile concessione di Fuoriscena, Libera Informazione è lieta di pubblicare un abstract dell’ultimo libro di Paolo Berizzi, intitolato “IL LIBRO SEGRETO DI CASAPOUND. Le rivelazioni di un militante di primo livello dell’organizzazione neofascista italiana più importante degli ultimi vent’anni”.
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I finanziatori
Il cerchio degli Unici
Si chiamano Unici. Sono una settantina di persone. Uomini e donne. Imprenditori, professionisti, giornalisti, politici, avvocati, docenti universitari. Un ambasciatore famoso, noto alle cronache di questi anni. Generali. Ma anche tassisti, una guida turistica, e tanti altri insospettabili.
Gli Unici nascono nel 2017, un anno prima delle elezioni politiche, da un’idea di Gianluca Iannone e di Marco Clemente. CasaPound aveva bisogno di finanziatori. Dopo quasi quindici anni di vita – durante i quali, essendo solo un movimento metapolitico, ci eravamo autofinanziati con attività varie e contributi diretti – quando arrivano le elezioni politiche che, secondo i piani, avrebbero potuto e dovuto farci fare il salto di qualità, servivano risorse. La politica, si sa, costa. Campagne elettorali, iniziative, candidature. Ricordo che eravamo in ballo con la selezione dei candidati. Ma la condizione necessaria era, appunto, trovare dei finanziatori. Gente che potesse assicurarci una copertura. Non solo nell’immediato ma anche nel tempo. Per far crescere il movimento e aiutarci a essere competitivi in mezzo a partiti e partitoni al confronto dei quali eravamo meno che nani. CasaPound è sempre stata un movimento, mai un partito. Non ha mai percepito finanziamenti pubblici, solo il 5 per mille. E dunque…
Nel 2018 prendiamo l’uno per cento. Il prima e il dopo richiesero un gran lavoro. Occorreva dividere i camerati più giovani – che si spendevano nella militanza più pura, le strade, le piazze – da altri che, per motivi vari, anche di riservatezza, pur condividendo l’Idea, non potevano portare avanti la militanza nelle forme classiche. Per la posizione che avevano. Per il lavoro che facevano. Anche per una questione anagrafica. Ecco dunque come nascono gli Unici: un gruppo segreto di militanti – diciamo maturi e saggi – che sono anche finanziatori. Quelli che hanno permesso e permettono a Cp di essere ancora in vita.
Pubblicamente nessuno ha mai saputo della loro esistenza, nemmeno i militanti «semplici». Gli Unici li abbiamo sempre tutelati perché ci hanno chiesto loro di essere protetti. Nessuno doveva conoscerli. I loro nomi e il loro impegno – anche finanziario – in Cp dovevano restare riservati. Da anni i giornalisti impazziscono alla ricerca dei finanziatori occulti di CasaPound. Chi ci ha sostenuto economicamente? Chi sono questi fantasmi sconosciuti che hanno messo i soldi? Non sono mai riusciti a scoprirlo, non è mai emerso niente. Perciò è arrivato il momento di raccontare chi sono e cosa fanno, gli Unici.
Marco Clemente. Tutto comincia grazie a lui. Clemente allora si occupava di rapporti diciamo «istituzionali», aggettivo che, se accostato a Cp, sembra un parolone. Era lui che teneva i contatti con le altre forze politiche, in particolare Fratelli d’Italia e Lega. Per vari motivi, sono questi i due partiti con cui abbiamo dialogato negli ultimi anni – prima c’erano stati Alleanza nazionale e la Fiamma Tricolore. Il milanese Clemente era già stato candidato più volte dalla destra milanese, aveva contatti avviati e di vecchia data, in particolare con l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa e il suo giro. Clemente è un imprenditore ed è anche uno a cui piace lasciar intendere cose più grandi di quanto realmente siano, tipo parentele e relazioni illustri (come già ricordato, addirittura con Giulio Andreotti). Anche per questo, sembra vantare un’estrazione sociale e delle frequentazioni diverse rispetto alla gran parte dei dirigenti e dei militanti romani di Cp, che hanno una collocazione socio-culturale molto più popolare. Non è gente di relazioni, non sono esattamente dei professionisti nel gestire i rapporti di carattere politico o affaristico. Erano e sono molto più ruspanti, «di strada». Risultato: bisognava alzare un po’ il livello.
A Iannone e Clemente viene perciò questa idea degli Unici. Si decide cioè di mettere assieme persone con uno standing superiore al nostro, gente adulta, che viene dal mondo delle professioni. Gente che avrebbe potuto portare, oltre ai soldi, anche un valore aggiunto in termini di spunti, idee e contributi politici. E anche prestigio all’organizzazione. La gestazione e la genesi degli Unici – ci sono chat e documenti che confermano i rapporti tra questi soggetti e CasaPound, e il supporto che hanno garantito al movimento – non sono rapidissime. In mezzo ballano, appunto, le elezioni politiche del 2018 che – nonostante non siano andate come sperato – ci hanno comunque regalato un risultato anni prima nemmeno immaginabile: l’uno per cento. Non siamo riusciti a entrare in Parlamento a far volare le sedie, come aveva promesso Simone Di Stefano. Ma comunque non era un risultato da buttare, anzi.
Dopo quell’uno per cento Di Stefano vuole strutturare Cp come un partito: più impianto, più meritocrazia, dirigenti votati dai camerati e non decisi da Roma, ovvero dall’alto. Nei suoi piani c’è l’intenzione di dare all’organizzazione un’impostazione più politica, non più metapolitica. Con il senno di poi – ma nel frattempo anche lui, come tanti, se n’è andato –, se Simone fosse stato votato prima segretario avrebbe potuto gestire la linea politica più in autonomia. Lui aveva detto: facciamo delle elezioni, poi se vinco voglio essere io a decidere la linea.
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Come fantasmi
Ho fatto questa premessa – diciamo politica – perché è necessaria per capire gli Unici. Nella vita di CasaPound ci sono state tante fasi, con vicende e fortune alterne. Ma il tema riguardante le menti esterne, i finanziatori segreti, fa capire molto. Anche della sostanziale inadeguatezza dei nostri dirigenti. Che se fossero stati all’altezza di guidare un movimento che all’inizio e per anni ha anche avuto elementi di originalità e di novità, certo non ci sarebbe stato bisogno di fare campagne acquisti. Campagne acquisti che, per altro, si sono rivelate perlopiù deludenti.
Clemente all’inizio era favorevole alla mozione Di Stefano, cioè alla svolta più politica. E proprio in quell’ottica, da Milano, si mette in moto per creare il club degli Unici. Le città capoluogo – chiamiamole così – sono cinque: Roma, Milano, Firenze, Verona, Torino. Cinque centri di reclutamento non più e soltanto di militanti ma anche di sostenitori economici.
In queste cinque città – le ho sempre sentite definire «strategiche per il movimento» – vengono individuati alcuni soggetti che già ci frequentavano e con cui avevamo contatti avviati. Di cui sapevamo che condividevano l’Idea, le nostre battaglie. Di qualcuno eravamo già informati del fatto che non avrebbe potuto figurare in chiaro, perché lo aveva raccomandato come conditio sine qua non; di altri lo sospettavamo; di altri ancora lo abbiamo saputo dopo averci parlato e aver chiuso l’accordo. Con, appunto, la clausola della riservatezza. Ai nomi più vicini a Cp viene dato l’incarico di formare questi circoli, questi club degli Unici. Il progetto prevede cene e riunioni riservate una volta al mese. Occasioni di incontro durante le quali gli Unici potevano interfacciarsi direttamente con Simone Di Stefano, che di CasaPound era il portavoce e il profilo più politico. Nonché volto pubblico e televisivo. Nel mazzo degli Unici entrano professionisti, imprenditori, medici, avvocati, architetti, ingegneri, docenti universitari, giornalisti. C’è una scansione degli incontri, un calendario: periodicamente si organizzano cene, in alcuni casi anche con frequenza ravvicinata. Chi partecipa viene convocato per tempo.
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Dagli incontri mensili nelle varie città – fissati e comunicati tramite puntuali chat interne – venivano fuori idee e proposte. Non roba epocale o rivoluzionaria, intendiamoci, ma un minimo di contributo c’era. Dopodiché gli Unici volevano dire soprattutto una cosa: soldi, finanziamenti. Alle riunioni più che di politica si parlava di lavoro, di affari, di occasioni. Perché la linea del movimento la decidevano sempre i quattro della cabina di regia, con l’ultima parola sempre di Iannone.
I soldi, dicevamo. Ciascuno degli Unici dà cento euro al mese. Se moltiplichiamo per una settantina di persone, fanno settemila euro al mese. Ottantaquattromila euro all’anno. Niente se paragonato ai finanziamenti pubblici dei partiti, ovviamente. Ma per noi erano e sono una base garantita. I soldi raccolti vengono dati alle sezioni, che ci pagano le bollette e possono organizzare iniziative sui territori.
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Abstract: Paolo Berizzi, “IL LIBRO SEGRETO DI CASAPOUND. Le rivelazioni di un militante di primo livello dell’organizzazione neofascista italiana più importante degli ultimi vent’anni”, Fuoriscena, Milano 2025.
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