I carabinieri del Ros arrestano in provincia di Pavia un minorenne per propaganda jihadista

Carabinieri ros

Quattro indagini in tre mesi dicono che la galassia delle formazioni jihadiste, le reti impegnate nell’attività di propaganda a favore delle organizzazioni terroristiche, non smettono di fare proselitismo. E puntano ad attrarre nella loro rete soprattutto giovani e giovanissimi.

L’ultimo arresto con l’accusa di terrorismo internazionale i carabinieri del Ros l’hanno compiuto in provincia di Pavia, fermando proprio un minorenne di origine tunisina. Il ragazzo ha aderito ad un circuito telematico internazionale – su cui chattavano anche altri fondamentalisti, già arrestati per reati di terrorismo, accusati di aver diffuso in rete propaganda che incitava alla violenza – impegnandosi poi in una serrata attività di indottrinamento, di esaltazione del jihad e del martirio in nome della “guerra santa”.  Nel giro di un anno aveva moltiplicato i suoi contatti.

Il giovane arrestato, via social, aveva manifestato ripetutamente la volontà di andare a combattere, e a questo scopo aveva compiuto una intensa attività di auto addestramento. Nella prima fase si  era procurato diversi  manuali  che – per fare un esempio – forniscono  istruzioni per la costruzione di ordigni esplosivi o incendiari, utilizzando materiali e sostanze facilmente reperibili (e che spesso è possibile acquistare senza destare sospetti) .

Nel corso dell’indagine il reparto antiterrorismo del Ros ha individuato numerosi profili social utilizzati dal ragazzo per mantenere i contatti con i follower – istigando altri ragazzi, anch’essi minorenni, a giurare fedeltà allo Stato Islamico e a seguire il suo esempio esaltando gli “insegnamenti” e le azioni di importanti esponenti del terrorismo Islamico.

Da settembre ad oggi i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale hanno compiuto indagini che hanno portato ad arresti, o all’emissione di altri provvedimenti cautelari, oltre che in Lombardia, nell’ambito di inchieste delle procure di Trieste, di Roma e Salerno.

Da ognuna delle attività investigative è emerso che la propaganda jihadista – di  solito su profili  Tik Tok – poteva contare su un numero di follower straordinariamente elevato e da una gran quantità di condivisioni e like, con un rischio elevato di emulazione di azioni violente.