Al Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni.
La Sua reazione alla condanna del sottosegretario Delmastro non stupisce. Non è la prima volta che Lei rivolge, a singoli magistrati o alla magistratura, attacchi pesanti e a nostro giudizio immotivati. Di più: le sue posizioni riguardo il medesimo Ufficio giudiziario cambiano da un momento all’altro a seconda della convenienza.
La Procura di Roma è buona nel caso Delmastro, di cui ha chiesto la soluzione, perché Le dà ragione. Invece pochi giorni prima la stessa Procura di Roma era pessima perché aveva assunto un’iniziativa a Lei sgradita nel caso Almasri. Una volubilità di atteggiamento che denota insofferenza verso l’esercizio indipendente della giurisdizione e che nello stesso tempo indica la tendenza pericolosa a valutare gli interventi giudiziari non in base alla loro correttezza e rigore, ma in base appunto ai parametri dell’utilità e della convenienza politica.
È vero. A volte Lei ha anche proclamato il Suo rispetto per l’impegno della magistratura, affermando che le sue contestazioni non riguarderebbero l’intero ordine giudiziario, ma soltanto singoli magistrati faziosi che vorrebbero invadere il territorio della politica senza essere stati eletti dal popolo. A ciò si potrebbe però obiettare che, al contrario, sono spesso i politici invadere il terreno della magistratura senza aver vinto il relativo concorso.
Lo dimostrano le vicende del nostro Paese degli ultimi tempi: le invasioni di campo sono avvenute a opera dei politici, che hanno spesso rivolto alla magistratura non già critiche (ovviamente legittime e spesso utili) ma attacchi apodittici e indiscriminati. E di tali attacchi sono stati oggetto quei magistrati chiamati ad occuparsi di processi sgraditi al potere politico e che hanno deciso in maniera contrastante con le aspettative degli interessati e della politica.
Gli attacchi sono, per così dire, a geometria variabile, nel senso che possono subirli tutti i magistrati – pubblici ministeri o giudici, quale che sia la città o l’Ufficio in cui operano – che abbiano la sfortuna (spiace dirlo: ma è questa la parola giusta) di imbattersi in vicende politiche delicate.
Ciò pone una serie di interrogativi ineludibili. È giusto attaccare a priori un magistrato solo perché indaga o condanna – per fatti specifici – un personaggio vicino al potere? Ed è giusto applaudire, sempre priori, il magistrato che assolve quello stesso imputato? Quando si tratta di personaggi vicini al governo (imputati – ripetiamo – per fatti specifici e non certo per il loro status), la giustizia è “giusta” solo quando li assolve? Ragionando in questo modo, non si sovvertono forse le regole fondamentali della giustizia? Non si incide sulla serenità del giudizio dei magistrati? Dove sta la linea di confine tra critica legittima e intimidazione?
La realtà è che i magistrati – come è loro dovere – non fanno altro che trarre degli elementi di fatto le conseguenze previste dalla legge. Non fare ciò per il timore di essere considerati nemici della Patria sarebbe scorretto e radicalmente contrario alla loro funzione, ancorché comodo. E farebbe perdere credibilità a tutte le richieste.
A fronte di questa realtà ci sembra fuor di luogo impiegare slogan privi di consistenza per svilire una attività giudiziaria doverosa a vantaggio di giochi politici. In questo modo i magistrati non agirebbero più in nome della legge e diventerebbero semplice pedine, asservite a strategie eterodirette e rivolte alla tutela del governo di turno.
Nello stesso senso un’ultima annotazione.
Come fa il ministro di Giustizia dott. Nordio, che è per definizione un soggetto imparziale, al di sopra di ogni interesse di parte e tutore del corretto esercizio della funzione giudiziaria, ad affermare che spera che una sentenza sgradita alla sua parte politica (cioè la sentenza Delmastro) venga riformata in appello?
Non si tratta forse, anche in questo caso, di un’interferenza – del tutto inammissibile – nei confronti del potere giudiziario?
Entrare in simili ragionamenti costa fatica, ma tacere sarebbe profondamente sbagliato. Per questo abbiamo deciso di scriverLe – pur nel rispetto dovutoLe – con inflessibilità pari alla gravità dell’offesa che certi attacchi rappresentano per la libertà della magistratura e quindi per i diritti di tutti i cittadini.
Fonte: La Stampa



