Gaza: la soluzione finale

Vittime gaza

Non dobbiamo avere paura delle parole quando queste descrivono la realtà dei fatti.

Non dobbiamo avere paura di usare la parola “genocidio” per la strage senza fine di Gaza. Perché è genocidio ciò che Israele ha messo in atto.

Lo dicono gli articoli della Convenzione Onu approvata nel 1948 e firmata anche da Israele. Lo dice la realtà quotidiana. Non è un problema puramente lessicale. È sostanza.

Definire genocidio la mattanza di Gaza significa assumersi una responsabilità storica ed etica, significa assumersi una responsabilità di fronte alla legge internazionale che impone, in caso di genocidio, l’obbligo di intervento a tutti i paesi del mondo.

Ma anche di fronte alla legge italiana. In pochi ricordano in queste ore la legge del 9 ottobre 1967 che sanziona l’apologia e l’istigazione al genocidio. Ecco il perché della fuga dalla parola “genocidio”, una vile fuga davanti alle responsabilità che pesano su ogni essere umano di fronte al più grave tra i crimini contro l’umanità.

Non bisogna avere paura nemmeno della parola “deportazione”. Perché è una deportazione quella che Israele sta progettando a Gaza.

L’invasione della striscia decisa dal governo Netanyahu (invasione di un paese assediato, stremato dalla fame e dalle bombe, di fatto già invaso) prevede rastrellamenti di esseri umani sfiniti e la loro “evacuazione” in una sorta di campo di prigionia in allestimento. Evacuazione scrivono i governanti israeliani. Un volgare eufemismo: è una deportazione.

E non bisogna avere paura di affermare che Israele sta mettendo in atto la soluzione finale. Mentre lo scrivo sento una stretta al cuore, una fitta dolorosa nell’anima. Quell’orribile termine varato dai nazisti per me, per noi, ha sempre e solo riguardato la tragedia del popolo ebreo, l’olocausto vile e spietato del quale è stato vittima, in Italia con la vigliacca complicità dei fascisti.

Malgrado questo dolore, o forse proprio a causa di quel dolore, non posso fare a meno di affermare che ciò che nei prossimi mesi avverrà a Gaza secondo i programmi israeliani è la soluzione finale. Un popolo massacrato vedrà i superstiti rinchiusi in campi di concentramento, senza più una terra nella quale vivere. Stesso destino cui appare destinata la Cisgiordania.

Il mondo ha deciso davvero che quello palestinese è un popolo superfluo. E lascia mano libera al governo estremista e fondamentalista di Israele.

Noi abbiamo le parole, solo quelle, per opporci e denunciare. Usiamole dando loro l’autentico significato, sottraendole a chi le vorrebbe svuotare, sminuire, rovesciare per rovesciare il racconto della realtà.

Usare le parole con coerenza è un atto di resistenza.

Fonte: Articolo 21