Attacchi personali, pesanti insinuazioni sulla loro correttezza personale, accuse di strumentalizzare i processi per servire questa o quella fazione politica. Non c’è oramai nessuna inchiesta di rilievo che non scateni campagne denigratorie e frettolosi processi sommari contro i giudici che se ne occupano. […] Uomini politici di rango non si fanno scrupolo di chiamare pazzi e dissennati magistrati noti per equilibrio e riserbo; giornalisti alla moda scrivono di magistrati che, come pallide controfigure, agiscono per conto ed in nome di potenti uomini di governo.
Dai magistrati si pretendono giudizi culturali, politici, morali, si pretendono interventi di polizia… Non c’è dubbio che stiamo vivendo tempi singolari caratterizzati da gravi carenze del potere legislativo da gravi debolezze dell’esecutivo, da condizioni di grave corruzione nella vita pubblica ed economica. Da anni sembra più importante raggiungere un accordo che non determinare il contenuto con la conseguenza che sono nate e nascono leggi sempre più nebulose, ambigue e disarmoniche. Nessuna meraviglia quindi del cedimento di alcuni giudici di fronte alla tentazione di governare attraverso l’esercizio dell’attività giudiziaria. […] Non dovrebbe dimenticare il giudice che nell’esercizio del potere giuridico non ha che una linea da seguire ed è quella indicata dalla Costituzione essendo quest’ultimo il testo che consacra in termini generali e superpartitici i valori sociali nei quali la nostra comunità statuale crede ed alla cui realizzazione essa aspira. Il giudice che opera al di fuori o va oltre e non realizza questo messaggio finisce inevitabilmente per tradire l’unico vero ruolo “politico” che il suo mandato gli attribuisce.
(tratto da “Gli oratori del Giorno, maggio-giugno 1987)



