Scarpinato deraho

Un certo centro destra è innervosito. Non vuole vedere sfumare l’occasione di giungere alla finale resa dei conti con quelli che considera i protagonisti più ostici a una narrazione governativa di comodo su tutte le vicende che riguardano mafia, stragi, antimafia e piste “nere”.

Questo certo centro destra vede infatti a portata di mano la possibilità, che non si è mai data negli ultimi quarant’anni, di radere al suolo uomini simbolo e organizzazioni portatori di una visione di insieme che intralciano manovratori e interessi di turno sull’argomento. Occasione ghiotta, ce ne rendiamo conto.

Un altro centro destra, invece, sembrerebbe iniziare, assai saggiamente, a porsi degli interrogativi su cosa accadrebbe un minuto dopo se quell’operazione terra bruciata andasse in porto.

Siamo giunti a questa nostra conclusione, che può anche contenere delle forzature, a seguito della lettura di un articolo de Il Fatto Quotidiano di oggi (a firma Antonella Mascali) che riferisce di una improvvisa frenata al Senato della discussione sulla legge volta a vietare per legge la presenza di Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho (senatore e deputato 5 stelle) all’interno della commissione parlamentare antimafia. E la chiamano legge per il conflitto di interessi.

La decisione finale è stata rinviata, ma in assenza di una data per la nuova convocazione. Cosa si sta muovendo?

Secondo il quotidiano, dietro le quinte, si sarebbe avvertita la mano di un Quirinale infastidito – e non poco – per una vicenda tutt’altro che edificante, per governo e istituzioni, che ormai si trascina da oltre due anni.

Noi stupidamente eravamo stupiti, da un po’ di tempo a questa parte, del fatto che il Capo dello Stato non si fosse ancora fatto sentire.

Ma non dimenticavamo mai né i versi conclusivi dell’opera “La Baronessa di Carini”, che recitano: “Manu di Dio ca tantu pisi calati manu, fatti palese” (“Mano di Dio che tanto pesi, calati mano, fatti palese”) né quelli del più abusato “Ecclesiaste”: “C’è un tempo per tutte le cose”.

Naturalmente, entrambe le citazioni hanno un senso sempre che Il Fatto Quotidiano non abbia preso un abbaglio. Ma crediamo che abbia visto nel giusto.

Torniamo dunque al ragionamento iniziale. E poniamoci alcune domande.

Fare fuori Roberto Scarpinato dalla commissione antimafia. Già. Farlo è più facile che sopportarne poi le conseguenze. Conseguenze politiche, s’intende.

Un conto è mandare avanti una faida strisciante, a colpi di veleni e fango, falsità e strappi e lacerazioni sempre più vistose nella trama del diritto – che vivaddio un suo disegno generale lo ha sempre avuto -, altro conto è riassumere l’esito di una faida di tal fatta in maniera tale che non risulti essere qualcosa di maleodorante e indigeribile in un regime democratico.

Un conto è moltiplicare gli agguati televisivi, in assenza o in presenza di Scarpinato, altro conto mettere nero su bianco la ratio di una simile pretesa (la sua cacciata dall’antimafia) in maniera comprensibile all’intero popolo che paga le tasse. E non solo di certe tv qui si discute, ma anche di certi giornali di un certo centro destra.

Vallo a spiegare al Paese (o alla Nazione) che uno dei magistrati con più competenza nella lotta alla mafia vien fatto fuori dal governo la cui premier (Giorgia Meloni) ha sempre rivendicato di essere scesa in politica il giorno in cui venne assassinato Paolo Borsellino.

E analogo discorso varrebbe poi (si sa che l’appetito vien mangiando) per i procuratori antimafia Nicola Gratteri e Nino Di Matteo, entrambi poco inscatolabili nella visione della giustizia di cui è portatore il ministro Carlo Nordio. Insomma, tutte occasioni ghiotte ma difficilmente poco praticabili se poi devi andare a renderne conto al Paese-Nazione. Fermiamoci un attimo.

E tranne stravolgimenti, del tipo: chi ha più voti vince tutto, una simile commissione antimafia sarebbe inevitabilmente destinata a spaccarsi in maniera plastica di fronte agli italiani. Salterebbero così fuori i motivi autentici alla base dell’incompatibilità di quegli ex magistrati con l’organismo parlamentare. Non sarebbe un bello spettacolo.

Fra l’altro qualcuno la scriverebbe una relazione di minoranza, per raccontare che nel secolo tal dei tali, nel giorno tal dei tali, una maggioranza di estrema destra cacciò i magistrati antimafia dalla commissione antimafia.

Come fecero Pio La Torre e Cesare Terranova quando denunciarono le complicità della Democrazia Cristiana nel sistema di potere Mafioso in Sicilia. Avevano ragione loro, e la Storia quella ragione la seppe riconoscere.

Quindi, mentre un certo centro destra è bene che se ne faccia una ragione, è bene che un altro centro destra inizi a riflettere oltre il proprio naso. Sarebbe un bene per tutti gli italiani.

La rubrica di Saverio Lodato

Fonte: Antimafia DUEMILA