Le contraddizioni della festa sono tali e tante, che nel Comitato si comincia a sperare che queste verità possano avere un riscontro nella cittadinanza. Ci si rende conto con sorpresa, per esempio, che le conferenze stampa convocate prima e dopo le ultime edizioni della festa sono sempre affollate da quasi tutti i mezzi di comunicazione. Addirittura, il 9 febbraio del 2012 interviene ad una di queste conferenze lo stesso sindaco Stancanelli, che promette l’istituzione di un tavolo per discutere e proporre un decalogo per la riforma della festa, con la presenza di chiesa, comune e Comitato. Il Comitato accetta ed elabora, su richiesta del sindaco, un percorso partecipativo, con audizioni di tutte le realtà coinvolte nella festa: circoli cittadini, gestori di candelore, forze dell’ordine, associazioni di categoria, magistrati e quant’altro. Alla terza riunione, però, è la chiesa stessa a dichiarare che le decisioni devono essere assunte dalle massime autorità (prefettura, comune e chiesa), alle quali bisogna chiedere di riunirsi e decidere. Il Comitato si oppone, ma il comune accetta la posizione della chiesa e il tavolo viene sospeso. Naturalmente, nel corso del 2012 non ci sarà alcuna riunione delle massime autorità.
Scarso coordinamento tra le autorità
A questo punto il Comitato si rende conto che i problemi della festa dipendono sì da una radicata presenza criminale in città, ma che comune, chiesa e forze dell’ordine sono portatori di una notevole responsabilità, a causa della dalla mancanza tra di loro di un forte coordinamento. Anzi, nel caso di chiesa e comune si può parlare di un vero e proprio antagonismo per il controllo della festa, che si traduce in una miriade di azioni contrastanti ed incertezze di attribuzioni. Le forze dell’ordine, d’altra parte, hanno tradizionalmente visto la festa come un momento delicato della vita cittadina: non si può intervenire manu militari a fare rispettare l’ordine costituito nel contesto di una manifestazione di massa senza il rischio di una sommossa. Sarebbe necessaria un’azione di preparazione culturale permanente di chiesa, comune e mezzi di comunicazione, abbinata alla presenza dello stato, per portare avanti una vera riforma della festa.
Per la verità, la chiesa in questi ultimi anni si muove per riorganizzarsi al proprio interno e riaffermare la propria autorità all’interno della festa. Ma si tratta di azioni limitate che, per quanto meritevoli, non sono organicamente legate ad iniziative delle altre autorità. Tuttavia, queste azioni della chiesa sono fortemente contestate da gruppi di fedeli che il 6 febbraio 2012 danno luogo ad una mezza rivolta all’interno della cattedrale. D’altra parte, alla chiesa come al comune il Comitato per la legalità chiede da sempre ma con scarso successo una chiara e pubblica condanna di ogni forma di illegalità nella festa. Il comune fa qualche debole tentativo di imporre la propria autorità, ma il suo sforzo rimane concentrato nel fare della festa un momento di prestigio nazionale, di gloria cittadina. Ma i problemi rimangono: tipico il caso dei torcioni accesi illegalmente al di fuori delle aree destinate da un’ordinanza del comune.
I torcioni, o ceroni, sono enormi candele da 50, 80 e 100 kg. che una schiera di migliaia di persone scelgono di trasportare accese sulle proprie spalle la sera del 4 e specialmente la sera del 5 febbraio. Essi ormai costituiscono un momento centrale della festa, e ogni anno invadono le strade cittadine coprendole di cera che dopo la festa dovrà essere rimossa con notevole drenaggio di fondi pubblici, mentre il centro della città rimane bloccato a moto e auto per due settimane. Soprattutto, però, la cera per terra costituisce un pericolo per l’incolumità dei cittadini, come nel tragico caso di un ragazzo, Andrea Capuano, che il 10 febbraio del 2010 scivola col motorino e muore, nonostante portasse il casco.
Un cambio di tattica
Di fronte alle mancate promesse relative al tavolo per la riforma della festa, il Comitato decide di cambiare tattica e di adottare un’idea nata dalla Confcommercio, e cioè quella della creazione di un’isola di legalità a Piazza Cavour, una piazza importante nelle celebrazioni, la sera del 5 febbraio. Una proposta minima forse, ma che se accettata segnerebbe un cambiamento. E lancia a questo proposito un appello alle tre autorità, Prefetto Sindaco e Arcivescovo, nella convinzione che senza una stretta collaborazione tra di loro non vi potrà essere riforma. L’illegalità è però una faccenda che riguarda tutti, e per questo il Comitato comincia a raccogliere firme per l’appello. Si mette un banchetto per strada, e allo stesso tempo si chiede l’adesione di ogni tipo di organizzazione.
La risposta è forte, a conferma che questa della festa è una preoccupazione largamente condivisa. Aderiscono dall’Arci alle Acli, dall’Agesci all’ANM, alla Cgil, Cisl, le associazioni antiracket ASAEE e ASAEC, il CSVE, il Centro Zo, CGIL Medici, Federmisericordie Sicilia, Etna ‘ngeniusa, FNSI (Federazione nazionale della stampa italiana), Comunità del Crocefisso della Buona Morte e di San Nicolò all’Arena; Laboratorio socio politico Il Prezioso Avanzo; Vol.Si (Volontariato Siciliano). Si tratta di organizzazioni che rappresentano decine di migliaia di cittadini. Lunedì 21 gennaio le firme vengono consegnate alle autorità e il giovedì seguente ecco la sorpresa: la Prefettura ci comunica che in effetti ci sarà un presidio speciale delle forze dell’ordine la sera del 5 a Piazza Cavour. Una mobilitazione cittadina ha quindi convinto le autorità. Il Comitato viene quindi invitato ad una riunione per l’ordine e la sicurezza: ci sono tutti, Prefetto, Questore, rappresentanti di tutte le forze dell’ordine, del Comune e della Chiesa. E’ la prima volta che un gruppo cittadino viene ammesso a questo tipo di riunione.
* Membro del direttivo di Libera Catania e portavoce del Comitato per la legalità nella festa di S.Agata



