Ergastolo per i cugini Marino

Image

Poco dopo le 15 la Corte di Assise di Appello di Milano ha pronunciato la sentenza. Condanna all’ergastolo per i due cugini di Paceco, Vito e Salvatore Marino. Senza pietà nell’agosto del 2006 uccisero Angelo Cottarelli, sua moglie e il figlio, sorpresi nella loro villetta di Urago Mella, periferia di Brescia. I due Marino si erano recati a casa Cottarelli per discutere di faccende pesanti, un dare avere che non tornava a Vito Marino che con Angelo Cottarelli era in affari, “fatture false” per truffare lo Stato e la Regione Sicilia nell’ottenimento di fondi per lo sviluppo dell’imprenditoria. Vito Marino accusava Cottarelli di avere trattenuto per se 1 milione di euro, a tutti i costi voleva quel denaro indietro, una discussione degenerata. Salvatore, il più massiccio tra i due cugini, di mestiere autista di tir, ma prima ancora pastore, al segnale del cugino tirò fuori un coltello, davanti agli occhi sbarrati di Angelo Cottarelli dapprima uccise la moglie, Marzenne, poi il figlio Luca, entrambi sgozzati. Per ultimo la stessa sorte toccò anche ad Angelo Cottarelli, colpito anche da un colpo di pistola esploso da Vito Marino. Quando arrivarono, i soccorsi trovarono le tre vittime in un lago di sangue, Angelo Cottarelli era ancora vivo, ma il taglio alla gola gli aveva reciso le corde vocali, respirava a fatica, non poteva parlare, da lì a poco moriva in ambulanza. In quella casa c’era un’altra persona, anche lui uno dei “soci” della truffa ordita da Marino, il triestino Dino Grusovin, fu lui a svelare gli agghiaccianti particolari.

Oggi la Corte di Assise di Appello di Milano ha ripristinato la condanna in secondo grado al carcere a vita che era stata pronunciata dalla Corte di Assise di Appello di Brescia, che a sua volta aveva ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado. Il processo arrivato in Cassazione era tornato indietro e assegnato alla Corte di Assise di Appello di Milano. Quando la mattina del 28 agosto 2006 la famiglia Cottarelli fu trovata barbaramente uccisa, si era pensato a un raid compiuto da extracomunitari albanesi per mettere a segno una rapina. Ma le indagini in corso sulla truffa già in corso a Trapani, indirizzarono subito gli investigatori della Squadra Mobile bresciana ad approfondire alcune circostanze e saltò fuori l’intera storia. Poi le testimonianze, quella di Grusovin, dei vicini di casa dei Cottarelli. A casa del faccendiere bresciano fu anche trovata la cospicua somma che i due Marino volevano a tutti i costi, il susseguirsi delle investigazioni, segnati anche da un maxi sequestro di beni operato dalla Procura di Trapani, portò a trovare anche una cassaforte in Svizzera dove erano finiti i soldi della truffa. Tanti nomi eccellenti dell’imprenditoria trapanese dietro questa storia che è ancora in corso, non è terminata, il sequestro è ancora operativo. Aziende che si sono dimostrate essere delle scatole vuote, per sottrarre denaro e fare affari facili facili.

Una truffa che inizialmente ha riguardato un finanziamento da 12 milioni di euro che gravavano su un patto territoriale, denominato “ Trapani Nord”, poi via via la cifra è aumentata sino a fiorare i 40 milioni di euro, sigilli apposti a una cantina mai entrata in funzione, industrie cerealicole, di imbottigliamento di olio e vino. Il gruppo di truffatori pensava di mettere in commercio vino con etichette particolari, “Donna Carmela”, “Baciamo le Mani”, etichette raffiguranti uomini con coppola e lupara, dal chiaro segnale. E, in effetti, il pedigree mafioso era posseduto dal capo della banda, Vito Marino è figlio di un boss mafioso della zona di Paceco, Girolamo Marino, soprannominato “Mommo u nanu” per via della sua statura molto bassa. Fu ammazzato nel 1986 da Matteo Messina Denaro, l’attuale super latitante della mafia siciliana.

L’indagine sulla truffa vede tutt’ora implicate decine di imprenditori, ma ci sono anche sotto inchiesta funzionari pubblici e professionisti, colletti bianchi della Regione e del ministero delle attività produttive, l’indagine tocca anche l’ex governatore Cuffaro, il vino prodotto dalla cantina di proprietà della moglie di Totò Cuffaro venne trovato ammassato in cassette ancora sigillate nella cantina ufficialmente non più attiva di un architetto, Vito Augugliaro, indagato per mafia e deceduto improvvisamente qualche anno addietro, cognato dell’attuale deputato regionale trapanese del Mir (ex Mpa) Paolo Ruggirello. Ma c’è di più l’inchiesta tocca anche uno dei super consulenti dell’era Cuffaro, S. C. Reo confesso dei rapporti tra la banda di truffatori e la politica un faccendiere trapanese, Francesco Paolo Tartamella. Lui è uno di quelli che ha in mano le chiavi di un consorzio da dove passano tutti i fili della truffa, il consorzio Sikelia.

Storie siciliane. Storie di truffe scoperte e di finanziamenti che addirittura sono continuati a scorrere dinanzi allo stesso svilupparsi dell’indagine che portò anche l’allora presidente della commissione antimafia nazionale Francesco Forgione a chiedere al Governo Prodi come mai nessuno del ministero delle attività produttive aveva chiuso quei rubinetti. Da una piccola frazione di Trapani, Guarrato, invece c’era chi riusciva a guidare quelle mani che a Roma continuavano a mettere nulla osta su nulla osta, e a Guarrato nell’arco di alcuni anni, nonostante morti e sequestri, si conta che sono arrivati circa 200 milioni di finanziamenti per la vitivinicoltura. Avrebbero dovuto afre la fortuna dei 900 abitanti della frazione e invece in pochi se li sono spartiti. Addirittura nel periodo in Vito Marino si trovava in carcere, in attesa del processo di primo grado, lui era rimasto in graduatoria per l’ottenimento di un finanziamento, ulteriore, da 250 mila euro.

Una inchiesta che racconta di tanti imprenditori diventata tali però a carico dello Stato. La storia di Vito Marino è la storia di un imprenditore agricolo che di colpo, uscendo dall’anonimato in cui la mafia l’aveva condotto dopo l’uccisione del padre, ha cercato l’escalation, escalation mafiosa ma in chiave moderna, con le imprese a essere usate per segnare la presenza nel territorio. Per prima cosa rilevò una storica cantina del pacecoto, assunse il controllo di centri di produzione agricola. Poi i contatti con la politica che conta e il gruppo che girava attorno a Vito Marino cominciò a crescere ogni giorno di più, aggiudicandosi finanziamenti incredibili, realizzando cantine dal valore quintuplicato, attorno a loro c’è un vorticoso giro di denaro, ma di produzione e occupazione manco l’ombra, e quando un sindacalista si mise in testa di capire cosa stesse accadendo dentro quelle aziende, Vito Marino non perse tempo ad avvicinarlo in una piazza di Paceco per chiedergli se avesse intenzione o meno di andarsene in pensione. Imprenditori d’assalto quelli che girano attorno a Vito Marino e Francesco Tartamella, spavaldi, per loro viaggi all’estero, Brescia diventa presto la loro seconda città, i giorni di estate li trascorrono o sulla terrazza di un rinomato albergo trapanese, il Tirreno, della famiglia Rodittis, o ancora su motoscafi che attraversano il mare delle Egadi. Spesso a far loro da compagnia c’è il bresciano Angelo Cottarelli, con moglie e figlio, Marzenne e Luca. Una amicizia destinata a finire nel sangue. Vito Marino spalleggiato da suo cugino Salvatore il 28 agosto del 2006 si presentò di buon mattino a casa Cottarelli, a Urago Mellia, sobborgo di Brescia, Cottarelli sarebbe stato quello che a disposizione della holding truffaldina trapanese metteva a disposizione fatture false per raggirare ministero delle attività produttive e Regione per la liquidazione dei finanziamenti, con Vito Marino sarebbe insorto un contenzioso sul dare-avere, e così mentre Cottarelli negava di dovergli dei soldi davanti agli occhi di questi Salvatore Marino sgozzava sua moglie e il figlio, e poi col coltello infierì contro lui stesso. I due Marino andarono via a mani vuote ma sporchi di sangue. In primo grado a Brescia furono assolti, in secondo grado furono condannati all’ergastolo. Lo stesso giorno si diedero latitanti, Salvatore Marino l’ultimo dell’anno del 2010 fu catturato dalla Squadra Mobile di Trapani a Tenerife, Vito sei mesi dopo dai carabinieri nella sua Paceco.

Oggi di nuovo le manette dopo la condanna bis all’ergastolo. Salvatore Marino è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Trapani, era rimasto a Paceco in attesa della sentenza. Vito Marino è stato arrestato in aula a Milano non appena i giudici hanno terminato la lettura della sentenza.