E adesso i giornalisti sono anche “istigatori a delinquere”

Giornalisti domani

Si è chiuso pochi giorni fa il primo step delle indagini sull’ipotizzato accesso abusivo a sistemi informatici e alla rivelazione di segreto con la chiusa inchiesta nei confronti di Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, giornalisti del quotidiano “Domani”, nonché del magistrato Antonio Laudati e dell’ex finanziere Pasquale Striano.

Le verifiche, come si sa, sono nate da un esposto del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Secondo la Procura di Roma, cui il fascicolo è passato dopo l’originaria attribuzione a Perugia, “in concorso tra loro e nel contesto di una stabile collaborazione consolidatasi quantomeno dal 2012, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, Striano, quale appartenente al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria in servizio esclusivo presso la Procura Nazionale Antimafia, assegnato al ‘Gruppo S.O.S.’ ed esecutore materiale degli accessi abusivi, e Giovanni Tizian, col ruolo di istigatore e giornalista interessato a ricevere e divulgare le informazioni, effettuavano accessi abusivi alle banche dati”.

Siamo, dunque, all’istigazione a delinquere in capo ad un giornalista, un termine quantomeno “originale”. Tizian, accusato anche di rivelazione di segreto, rischia di andare a giudizio per aver “divulgato informazioni”, così come Trocchia e Vergine.

Ma è utile capire, in questo momento, soprattutto a cosa si riferisce la contestata “istigazione”; in pratica Nello Trocchia e Stefano Vergine sarebbero stati “istigatori richiedenti informazioni” su alcune ordinanze di custodia cautelare, quelle che dopo la legge Nordio (derivata a sua volta dal celebre emendamento Costa sul divieto di pubblicazione degli atti applicativi di misure restrittive della libertà personale) sono super blindate.

Il provvedimento di chiusura inchiesta è un mattone di 270 pagine, come ha scritto lo stesso quotidiano “Domani” nei giorni scorsi, riportando altresì la motivazione che per la Procura di Roma sarebbe stata alla base del reato.

C’è anche la contestazione di un’aggravante di tipo economico. Ed è questa: “…l’aggravante dell’indebito profitto patrimoniale perché il fatto veniva commesso per agevolarlo nello svolgimento della professione esercitata, remunerata anche per numero di pubblicazioni”.

È curioso e al tempo stesso illuminante che la Procura non abbia preso in alcuna considerazione l’interesse collettivo a conoscere le notizie pubblicate. Ha un valore “finanziario” l’accesso ad una notizia ma non ha alcun valore la notizia contenuta negli atti. Il contrario di quanto vanno ricordando plurimi osservatori indipendenti in ambito europeo.

Questa vicenda offre la cifra di quanto vengano considerati importanti la libertà di espressione e il diritto dei cittadini ad essere informati nell’Italia del 2025.

Fonte: Articolo 21