Dal “Borgo Tutto è vita” al Passo della Futa, pensieri su un transito terrestre…

Articolo pierluigi

Transitare dal Borgo Tutto è vita è come prendersi una pausa dal ritmo della nostra esistenza e lasciare per un attimo che sia il silenzio a ritmare il trascorrere delle ore, riappropriandosi di una dimensione più interiore che il fare rischia di farci perdere.

Il ritmo della tua giornata è scandito da tre momenti di meditazione in piccole sale accoglienti o al contatto diretto con la natura, dove il vento e il canto degli uccelli sono l’unico rumore che ti accompagna.

Chiudi gli occhi e trovando la posizione giusta per il tuo corpo cerchi te stesso non nelle cose da fare, ma nel respiro che ti aiuta a lasciare andare via tutto quello che è parte della tua vita, nelle sue gioie e nelle sue preoccupazioni. Volti, affetti, passato, futuro, si annebbiamo, si disperdono per non perdersi, perché solo incontrando noi stessi possiamo dopo essere più veri con gli altri…

E questo silenzio non si interrompe alla fine della meditazione, ma prosegue per un po’ ancora, nella prima parte della colazione, del pranzo e della cena per permettere di passare con calma da una dimensione all’altra con il giusto tempo, portando dentro ciò che nel silenzio abbiamo incontrato.

Come un risveglio dolce dopo un sogno bello che tu ricordi e lascia un segno. Insieme al silenzio dolci e belle sono i canti e le preghiere che introducono e terminano le meditazioni, tutte in sanscrito, la lingua antica riferimento per tutte le religioni, perché ciascuno lì cerca di incontrare il suo Dio…

Un passaggio che mi ricorda molto Taize’ nelle sue preghiere e litanie.

Ma il Borgo Tutto è vita è anche luogo di incontri e di relazioni, di percorso di vita diversi e arricchenti come lo è sempre l’incontro con una persona che ti racconta una storia e al quale racconti la tua.

Così scrivendo ripenso all’incontro con Rita e Matteo che ci hanno accolto, alle ore di lavoro con Mauro e Micael, alle parole scambiate in camera con Claudio, a Irene incontrata nella piazza, a Giulia che si è seduta a pranzo accanto a noi per rompere il ghiaccio, perché sono loro, i volontari del borgo, che vengono a cercarti per parlare con te.

In poco più di 2 giorni è stato un ascoltare e un raccontarsi, da chi è venuto qui per una malattia, a chi in cerca di risposte per la sua vocazione, a chi sta vivendo momenti di difficoltà perché non sa se gli esami che sta facendo andranno bene, a chi cerca un luogo di silenzio per incontrare Dio e ritrovare se stesso, a chi vissuta l’esperienza del seminario ha capito che quella non era la sua strada e cerca l’amore di una donna, a chi vive il dolore di un lutto.

C’è veramente tanta vita al borgo, qui su queste splendide colline dei nostri appennini a pochi chilometri da Prato, per chi questo transito terrestre lo vuole assaporare in profondità sapendo che non è a caso…

Transitare è il verbo di questi giorni pensando alle bellissime parole di Franco Battiato in Mesopotamia: “Che cosa resterà di me, del transito terrestre? Di tutte le impressioni che ho preso in questa vita?”.

E il transito continua lasciando il Borgo per arrivare in moto al Passo della Futa per arrivare al cimitero che ospita 33.000 morti dell’esercito tedesco rimasti uccisi lungo la linea gotica nella seconda guerra mondiale.

Arriviamo qui per assistere allo spettacolo teatrale della Compagnia Archivio Zeta, che ogni anno si esibisce in questo luogo, con uno spettacolo che si muove lungo questa distesa di tombe.

Quest’anno rappresentano “Il processo” di Kafka e dunque un transito all’interno delle nostre contraddizioni, dei sensi di colpa, della nostra umanità e disumanità, ma anche dei limiti della nostra giustizia terrena in un processo immaginario, dove incontriamo tante parti di noi, senza un vero capo di accusa.

Anche in questo luogo che domina tutto il Mugello ci accoglie il silenzio, il vero protagonista dei transiti di questi giorni, il collant tra i momenti di meditazione del borgo e le parole scritte nel libro di Kafka con i tanti diversi volti della nostra umanità.

Ripartiamo, la moto ha solo il suo rumore a farti compagnia, ma dopo un po’ immerso nei tuoi pensieri il suono si attutisce e ti permette di andare oltre…

Vedi volti, risenti le parole del vento, riascolti dentro di te la litania di una dolce canzone, e sei felice…

Chissà se domani, dopo che anch’io sarò vento, o musica, o un pensiero, anche queste cose resteranno dopo il mio transito terrestre (fatto anche di tante contraddizioni), nelle persone che ho amato e che mi hanno amato.

Sarebbe già tanto, transitare lasciando una traccia, un segno, una speranza, una mia piccola eredità….