Buon pomeriggio a tutti. Innanzitutto grazie per essere ancora una volta in questa piazza, dopo 43 anni, a ricordare Carlo Alberto dalla Chiesa, Emanuela e Domenico Russo, ed il loro consapevole sacrificio.
Immagino che condividiate con me la stanchezza, la disillusione e la tristezza di questo difficile momento della vita del paese, della società Italiana e di quella europea.
Nei tempi recenti la nostra società è stata precipitata in una forma di catastrofismo inconscio soprattutto per mezzo dei media, che utilizzando fenomeni purtroppo comuni, benché statisticamente in riduzione, attizzano un diffuso sentimento di insicurezza e preoccupazione, per testimoniare l’incertezza del presente e nutrire ansia per il futuro. “Mai ‘na gioia” direbbe qualcuno sfogliando i media, difficile trovare una buona notizia.
A questo martellamento consegue la percezione che l’unica via di uscita dalla gravità del momento sia quella della salvazione individuale, del “si salvi chi può”, fomentando la ricerca di soluzioni personali, attraverso una competizione sfrenata ed una lotta per la sopravvivenza contro gli altri membri della società, a cominciare dalla scuola e dal mondo del lavoro.
I nostri figli sono istruiti ad emergere attraverso una crudele competizione, sono invitati a dotarsi di strumenti di sopravvivenza, non per conoscere e comprendere il mondo, ma per dominarlo con la forza, in una sfida perenne con i loro coetanei. Ne deriva un’immagine di individuo solitario e corazzato, armato contro il mondo intero e contro una società ostile per definizione.
Non solo: problemi che sono sul tappeto da decenni assumono improvvisamente un carattere emergenziale, vengono trattati con decreti legge, giungono alle camere per una mera conta obbediente per alzata di mano, spogliando del loro ruolo i centri democratici di discussione, confronto e deliberazione. Ne sono esempio speculare le centinaia di decreti trumpiani che scavalcano le camere col pretesto dell’emergenza nazionale.
Ciò non significa che non ci si debba preoccupare per le guerre scatenate ai nostri confini, bensì che la soluzione proposta con sottile violenza pervasiva mina le basi stesse della democrazia occidentale come l’abbiamo conosciuta e vista crescere dalla fine della seconda guerra mondiale.
Abbiamo vissuto decenni di equilibrio, di multilateralismo ospitato in numerosi organismi sovranazionali, alimentati dal dialogo e portatori di scelte democraticamente condivise, che con tutti i loro limiti e le loro procedure anche farraginose e imperfette, hanno garantito alla maggioranza della popolazione mondiale un lungo periodo di dialogo e di pace.
Un periodo di pace talmente lungo che oggigiorno nessuno è pronto ad immaginare che la vita nostra e dei nostri figli possa essere messa a repentaglio dallo scoppio di un conflitto armato. Semplicemente, non riusciamo a vederne una ragione. E di fronte alle guerre che si combattono ai nostri confini siamo impotenti e frustrati.
Abituati a confidare nel dialogo ed in scelte condivise, ci troviamo improvvisamente in balia di autocrati narcisisti che tradiscono patti decennali, principi che ritenevamo condivisi, per imporre i loro interessi personali con imperi mutevoli, capricciosi e violenti. La democrazia, come l’abbiamo costruita dopo la sconfitta ed il crollo dei totalitarismi, è sotto attacco.
Ricordare oggi Carlo Alberto, Emanuela e Domenico, significa per noi riannodare quei fili spezzati che legano tra di loro il tempo ed il luogo della nostra storia.
In questa società sempre più pervasa dalla realtà virtuale, che è sprovvista di tempo e di luogo, il nostro compito ed il nostro impegno sono quelli di riproporre, rivendicare e vivificare i principi fondanti delle nostra democrazia: la solidarietà opposta al meschino interesse personale, la comunione d’intenti ed il bene comune, la laboriosità, il lavoro come impegno e fatica, il sacrificio orientato a migliorare il futuro delle generazioni a venire, la responsabilità individuale, politica e sociale opposte all’indifferenza, il rispetto e la difesa dei diritti, della libertà e della democrazia per i quali essi hanno sacrificato la vita.
È un invito a difendere questi baluardi, che, se travolti, significheranno la morte della nostra civiltà. È un invito a devolvere coraggiosamente quote ancora più ampie di sovranità nazionale per costruire con rinnovato entusiasmo e speranza la casa europea che accolga, difenda e realizzi i principi e la cultura nate dalla guerra di liberazione e dalle innumerevoli battaglie combattute in questi decenni in difesa della dignità umana.
Grazie.
* Testo dell’intervento reso in occasione dell’iniziativa “La fiamma della memoria”



