Giustizia. Aggressione giornalista Mazzola, confermata condanna di Monica Laera: andrà in carcere.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e confermata la condanna della Corte d’Appello di Monica Laera, del clan Strisciuglio, per l’aggressione fisica, avvenuta a Bari il 9 febbraio 2018, ai danni della giornalista inviata speciale del Tg1 Maria Grazia Mazzola.
La sentenza è arrivata ieri sera. Il giudice ha spiegato che Mazzola con l’inchiesta ha rotto l’omertà nel quartiere Libertà di Bari, dove i giornalisti non potevano più entrare. “La condanna è adesso definitiva e la mafiosa andrà in carcere”, ha detto Mazzola a poche ore dal verdetto di Cassazione.
L’aggressione è avvenuta in strada mentre la giornalista faceva domande per il suo servizio per lo Speciale TG1 sui giovani e le mafie.
Le due sentenze conformi di primo e secondo grado hanno condannato Laera a un anno e quattro mesi (pena scontata di un terzo, la Procura aveva chiesto tre anni) per aggressione fisica con l’aggravante mafiosa, minacce di morte (“ehi, non venire più qua che ti uccido”), e lesioni. I giudici hanno ribadito la correttezza dell’operato di Mazzola che ha esercitato il suo diritto-dovere di informare i cittadini nel quartiere Libertà, controllato dal clan Strisciuglio inquadrando la dinamica nella ritorsione mafiosa.
Il 9 febbraio 2018 il TG1 delle 20 fu aperto proprio con la notizia e le immagini dell’aggressione subita da Mazzola, ricevendo la solidarietà delle più alte cariche dello Stato.
Al fianco di Maria Grazia Mazzola, volto storico della Rai, inviata speciale del Tg1, il presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti Carlo Bartoli; Daniele Macheda Segretario Nazionale Usigrai; Serena Bortone, Segretaria Ordine Giornalisti Lazio. E ancora le avvocate della giornalista Caterina Malavenda e Antonella Bello; l’avvocato Antonino Feroleto Asr; l’avvocato Nicola De Fuoco studio legale Sisto Fnsi, l’avvocata Enza Rando, parte civile di Libera contro le mafie, e Chiara Lonero Baldassarra e Camilla Caporusso, avvocate del Comune di Bari.
La Rai si è costituita parte civile, come anche l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, l’Fnsi, Libera contro le mafie, l’Associazione Stampa Romana e il Comune di Bari.
Fonte: Agenzia Dire
Giornalista aggredita, Libera: aggravante mafia per esponente clan
“Una giornata importante, una sentenza che sottolinea e conferma l’importanza del ruolo del giornalismo e il diritto della libertà di informazione. Come Libera abbiamo accompagnato la giornalista Maria Grazia Mazzola nella ricerca della verità per l’aggressione subita. Maria Grazia ha avuto solo la colpa di saper fare bene il suo mestiere di giornalista, di raccontare laddove i clan non ammettono che si possano fare domande. La sentenza definitiva della Cassazione è un atto di giustizia in difesa di chi come Maria Grazia Mazzola e tanti altri suoi colleghi raccontano nel nome della libertà di stampa senza cedere a minacce e violenze. La lotta alla mafia e alla corruzione si combatte anche e soprattutto con le parole scritte, con le parole lette. Le mafie non vogliono i riflettori, preferiscono il silenzio. La democrazia può progredire solo in una società di cittadini informati. L’informazione è un veicolo di cittadinanza attiva ed importante per la formazione delle coscienze. E proteggere i giornalisti vuol dire difendere e tutelare la democrazia nel nostro paese”.
In un nota Libera, seguita dall’avvocato Enza Rando come parte civile al processo, commenta la sentenza di ieri della Cassazione che ha confermato la condanna a 16 mesi di reclusione per la pregiudicata barese Monica Laera, moglie del boss del clan Strisciuglio Lorenzo Caldarola, che il 9 febbraio 2018 colpì al volto con un pugno la giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola mentre stava lavorando a uno speciale dedicato alla criminalità organizzata
Fonte: Askanews
L’Ordine dei giornalisti in Corte di Cassazione al fianco della collega Maria Grazia Mazzola
Confermata la condanna per l’aggressione, con aggravante mafiosa, del 2018.
Si è svolta presso la Suprema Corte di Cassazione il 20 maggio l’udienza finale per l’aggressione subita nel febbraio 2018 a Bari dalla giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola.
Il presidente nazionale dell’Ordine Carlo Bartoli è stato presente al “palazzaccio” per sottolineare la vicinanza e la solidarietà alla collega aggredita; il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti – come la Rai, la FNSI, Libera contro le mafie, l’Associazione Stampa Romana e il Comune di Bari – si è costituito parte civile. Mazzola fu colpita con un pugno da Monica Laera, nell’ambito di un servizio sulla malavita pugliese.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato per Laera la condanna, inflitta sia in primo che in secondo grado, a un anno e quattro mesi di reclusione per aggressione con aggravante mafiosa, minacce e lesioni fisiche, con la rifusione delle spese alle parti civili. I giudici di primo e secondo grado avevano già ribadito la correttezza dell’operato della giornalista riconoscendo che aveva esercitato il diritto-dovere di informare.
Presenti in Cassazione anche il segretario dell’Usigrai Daniele Macheda; l’avv Caterina Malavenda con avv. Antonella Bello per Mazzola, Rai e Ordine giornalisti; l’avv. Antonino Feroleto per ASR; l’avv. Nicola De Fuoco per FNSI; gli avv.ti Chiara Lonero Baldassarra e Camilla Caporusso del Comune di Bari; gli avv. Enza Rando e Giulio Vasaturo per Libera.
Fonte: Ordine dei Giornalisti
Rai, Cassazione conferma condanna per aggressione a Maria Grazia Mazzola. Usigrai: «Vince la legalità»
Nel 2018, la giornalista, inviata speciale del Tg1, fu colpita al volto con un pugno da Monica Laera, esponente del Clan Strisciuglio di Bari, mentre realizzava interviste per uno speciale sui giovani e le mafie. «Grande soddisfazione» per la sentenza viene espressa anche da Stampa Romana.
I giudici della quinta sezione penale della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso dei legali di Monica Laera, esponente del Clan Strisciuglio di Bari che a febbraio del 2018 aggredì e minacciò di morte l’inviata speciale del Tg1 Maria Grazia Mazzola. La giornalista, da trent’anni cronista storica della prima testata Rai, fu colpita al volto con un pugno dalla donna perché poneva domande sul marito Lorenzo Caldarola, detenuto, e sul loro figlio Ivan, mentre realizzava interviste per uno speciale sui giovani e le mafie. Lo riferisce l’Usigrai secondo cui con questa decisione della Corte di Cassazione, «la giustizia scrive una pagina importante per il diritto di cronaca e ribadisce il diritto dei cittadini ad essere informati».
La condanna definitiva alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione, con l’aggravante del metodo mafioso, per Monica Laera, già condannata in Cassazione per 416 bis (associazione mafiosa), «mette fine anche ai tentativi di derubricare la vicenda come l’ennesimo caso di giornalisti che ‘se la sono andata a cercare’», aggiunge l’Usigrai. Già nella sentenza di primo grado i giudici hanno scritto a chiare lettere che «il giornalista costituisce una minaccia seria per le associazioni mafiose, in quanto con il proprio lavoro è in grado di provocare un grave vulnus al muro di omertà che protegge, in una coltre di silenzio, le vicende criminali del clan».
Il pronunciamento definitivo della Corte di Cassazione su questa vicenda, conclude l’esecutivo Usigrai, «riporta nel solco della legalità e del diritto un lavoro, quello di chi fa informazione, che si esercita al servizio dei cittadini: e questo è ancora più vero quando si tratta del Servizio pubblico della Rai».
Aggressione a Mazzola, soddisfazione di Stampa Romana per la condanna definitiva
L’Associazione Stampa Romana esprime «grande soddisfazione per la sentenza della Cassazione che rende definitiva la condanna per aggressione con l’aggravante del metodo mafioso di Monica Laera, esponente del Clan Strisciuglio di Bari, che nel febbraio del 2018 colpì con un pugno e minacciò l’inviata del Tg1 Maria Grazia Mazzola che cercava di farle delle domande».
Per il sindacato regionale, «l’epilogo di questa vicenda giudiziaria, nella quale Stampa Romana si è costituita parte civile, ribadisce l’importanza e la funzione sociale del giornalismo d’inchiesta, la necessità di tutelare i colleghi come Maria Grazia Mazzola da sempre impegnata nel racconto della criminalità organizzata».



