La destra esulta. Meloni: ‘No a zone franche’, Piantedosi: ‘Tolleranza zero’. L’ira di Sala: ‘non informato’.
Il Leoncavallo, forse il centro sociale più famoso d’Italia e pezzo di storia di Milano, è stato sfrattato dalla sede che occupava in via Watteau dal settembre 1994 con un blitz agostano che ha anticipato la data prevista del 9 settembre.
Non c’era nessuno all’interno quando, intorno alle 8, sono arrivati 130 carabinieri e un numero ancora maggiore di poliziotti ad accompagnare l’ufficiale giudiziario e l’avvocato dell’immobiliare ‘L’orologio’ della famiglia Cabassi, proprietaria dell’area.
Qualche indizio di una possibile accelerazione c’era stato. Non solo la condanna della Corte d’appello di Milano al ministero dell’Interno a versare oltre 3 milioni di euro ai Cabassi per i mancati sgomberi (questo è stato il 133mo tentativo), ma anche il pressing dei partiti di centrodestra sul ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a cui si era rivolta questa estate una delegazione di FdI. Perché la questione del Leoncavallo, che proprio quest’anno compie 50 anni, più che di ordine pubblico ha un valore soprattutto politico e simbolico.
“La madre di tutti gli sgomberi”, l’ha definita un esponente delle forze dell’ordine questa mattina durante il blitz che ha evitato l’organizzazione preventiva di presidi e uno sfratto che sarebbe dovuto avvenire mentre al Leoncavallo si svolgeva la festa nazionale di Alleanza Verdi Sinistra, in programma proprio dall’8 al 14 settembre.
Dopo trent’anni “oggi finalmente viene ristabilita la legalità”, ha commentato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi promettendo anche in futuro “tolleranza zero verso le occupazioni abusive”. “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”, gli ha fatto eco la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, assicurando che “il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti”. “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!” ha commentato fra i primi il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini, mentre Antonio Tajani ha assicurato che questa “non è un operazione politica, ma di giustizia. Non c’è differenza tra occupazioni di sinistra o destra, entrambe configurano un reato”. Una risposta indiretta alle critiche da opposizione e Anpi sulla tolleranza invece verso Casapound.
Chi non ha gradito affatto lo sgombero è stato il sindaco di Milano Giuseppe Sala, informato dello sfratto solo questa mattina dal prefetto Claudio Sgaraglia, convinto che “il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città”. “Questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Da anni e anni è un luogo pacifico di impegno” ha aggiunto, confermando “la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”.
È infatti in corso una trattativa per la concessione al Leonka di uno spazio in via San Dionigi, anche se rimangono alcuni ostacoli: uno è il costo della bonifica dall’amianto e dei lavori di ristrutturazione che dovrebbe accollarsi lo spazio autogestito, l’altro il fatto che il bando non è ancora uscito, complice l’inchiesta sull’urbanistica che ha, di fatto, rallentato l’attività.
“Una tragedia”, “un colpo al cuore” hanno commentato le mamme del Leonka prima dell’assemblea pubblica sotto la pioggia che ha deciso una mobilitazione a settembre con una manifestazione nazionale “di massa” probabilmente il 6. “Speriamo che non sia la fine, noi continueremo a cercare delle alternative. Certo adesso è molto più difficile” ha commentato Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, amareggiata da una Milano “della speculazione” in cui “non c’è possibilità di una visione diversa”. Lo sfratto improvviso “è un modo molto brutto e doloroso di concludere questa fase e dà l’immagine di nessuna volontà di dialogo”. Ora l’intenzione è di continuare la trattativa col Comune. “Quello che noi abbiamo portato avanti negli anni è indipendente dai luoghi fisici dove noi facevamo le nostre attività, le nostre proposte culturali e politiche, sempre rivolte la città. Stessa cosa che faremo adesso. Certo non abbiamo più un posto e questo – ha concluso – rende tutto più difficile”.
Fonte: Ansa
Blitz al Leoncavallo di Milano, il centro sociale sgomberato dopo 31 anni
L’ufficiale giudiziario era previsto per il 9 settembre, dopo numerosi rinvii. Lo stabile era occupato dal 1994. Piantedosi: “Si chiude una lunga stagione di illegalità”. Meloni: “Rispetto della legge ovunque”. Sala: “Amministrazione non avvertita”.
La polizia sta eseguendo l’ordine di sfratto emesso nei confronti dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano.
Gli accessi a via Watteau sono presidiati dalle forze dell’ordine. Lo sfratto era stato nuovamente notificato per il 9 settembre. Si è però deciso di anticipare ad oggi, quando le operazioni sono iniziate intorno alle 7.30.
Lo storico centro sociale fu fondato a Milano nel 1975 in via Leoncavallo. Da lì venne sgomberato nel 1994, anche in quel caso nel mese di agosto. Poco dopo si trasferì nell’attuale sede di via Watteau.
Piantedosi: “È stata ristabilita la legalità”
“Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
“Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”. Lo scrive sui suoi social il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini.
Lo sfratto del centro sociale di via Watteau era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire 3 milioni di euro ai Cabassi, proprietari dell’area, proprio per il mancato sgombero. Chiedendo a sua volta un risarcimento dei tre milioni a Marina Boer, la presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo.
Nei mesi scorsi proprio questa associazione ha presentato una manifestazione d’interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale.
Prefettura: “Lo sgombero evita nuove azioni di risarcimento”
L’esecuzione dello sgombero del centro sociale Leoncavallo “consentirà anche di evitare ulteriori azioni risarcitorie nei confronti dello Stato”. A chiarirlo è la Prefettura di Milano che, in una nota, ricorda che “nella mattinata odierna hanno avuto luogo le operazioni di sgombero dell’immobile in Via Watteau numero 7 a Milano di proprietà della società ‘L’Orologio srl’, occupato abusivamente da parte della ‘Associazione mamme antifasciste del Leoncavallo’.
“Al termine delle operazioni, la struttura è stata riconsegnata alla proprietà per la sua messa in sicurezza – continua Palazzo Diotti -. L’immobile in questione era stato occupato senza titolo dal settembre 1994, e l’autorità giudiziaria aveva da tempo condannato gli occupanti a rilasciare l’immobile. Dal 2005 vi sono stati numerosi tentativi di accesso da parte dell’ufficiale giudiziario, risultati infruttuosi”.
“Al riguardo – conclude la Prefettura -, la società proprietaria aveva promosso anche un’azione risarcitoria per il danno subito dal ritardo nell’esecuzione dell’ordine giudiziario di rilascio dell’immobile occupato e da ultimo la Corte di Appello di Milano – Seconda Sezione Civile, con sentenza resa il 29 ottobre 2024, aveva condannato il ministero dell’Interno al risarcimento del danno a favore della società proprietaria, nella misura di 3.309.150 euro (303.915 euro all’anno per gliultimi dieci anni), nonché alle spese e agli interessi legali”.
Meloni: governo per rispetto della legge ovunque
“In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunita’ che rispettano le regole. Il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti”. Lo scrive il presidente del Consiglio Giorgia Meloni su X.
I legali del Leoncavallo
Il provvedimento col quale la Questura ha disposto lo sgombero del Leoncavallo è “anomalo” secondo l’avvocato Mirko Mazzali, che ha assistito il centro sociale nel corso della lunga vicenda giudiziaria il cui epilogo è arrivato oggi con l’esecuzione dell’ultima sentenza. L’”anomalia”, spiega Mazzali, deriva dal fatto che “le forze dell’ordine sarebbero dovute andare il 9 settembre, come indicato dall’ufficiale giudiziario, ma hanno anticipato a oggi con un’ordinanza del Questore. Bisogna capire la ragione e su quali presupposti è stato fatto”. Per Mazzali, “ripetere dopo 40 anni lo sgombero del Leoncavallo non e’ un’idea felice e dimostra debolezza, andrà letta l’ordinanza del Questore. In ogni caso, esaurite le vie giudiziarie, ora il problema diventa politico perche’ non e’ possibile che questa esperienza finisca cosi'”.
‘La sfratto era stato programmato per il 9 settembre, ma sapevamo che l’anticipo sarebbe potuto succedere per pressioni politiche ricevute dal ministero dell’Interno”. Così Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo, appena uscita dai locali di via Watteau 7, in seguito allo sfratto in corso da questa mattina. Alla fine di tutto, dice, ”c’è molta delusione e amarezza; ora certamente ci rivolgeremo alla città per avere un riscontro e speriamo che non sia la fine. Certo -conclude- cercare un’alternativa logistica sarà molto difficile”.
La raccolta fondi
Il Leoncavallo aveva aperto una raccolta fondi, per il suo “diritto ad esistere” dopo che era stato fissato al 9 settembre lo sfratto.
“Nel suo 50esimo anno di storia il Leoncavallo è sotto sfratto. L’attuale spazio di via Watteau – spiega sul proprio sito il Leonka nato nel 1975 in via Leoncavallo – rischia realmente di scomparire per sempre. Per questo abbiamo deciso di aprire una Cassa di Resistenza. Vi chiediamo di donare alla Cassa “ognun* secondo le sue capacità”.
Leoncavallo sui social: “Ci sgomberano, accorrete numerosi”
“Sono arrivati! Ci stanno sgomberando. Accorrete numerosi in via Watteau”: è l’appello lanciato dal Leoncavallo sui suoi social dopo che stamattina è stato eseguito lo sfratto con la presenza ingente di forze dell’ordine, polizia e circa 130 carabinieri.
Sindaco di Milano, Sala: “L’amministrazione non avvertita su Leoncavallo, serve legalità”
“Ieri ero a Palazzo Marino impegnato in incontri di lavoro. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo del centro sociale Leoncavallo”, ha chiarito il sindaco di Milano Giuseppe Sala in una nota, in merito al blitz delle forze dell’ordine di stamattina al centro sociale. “Per un’operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c’erano molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese”.
Il Leoncavallo “deve continuare a emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità”. È la convinzione del sindaco che conferma “la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”. “L’intervento sul Leoncavallo era sì previsto, ma per il 9 settembre – ricorda il primo cittadino -. In considerazione di questa timeline ufficiale, come Comune avevamo continuato, con i responsabili del Leoncavallo, un confronto che portasse alla piena legalità tutta l’iniziativa del centro. Si stavano valutando varie soluzioni a norma di legge, che potessero andare nel senso auspicato. Sono convinto, e l’ho già dichiarato in precedenza, che il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città. È la mia opinione, so che le mie parole non troveranno d’accordo tutti. A mio parere, questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Da anni e anni è un luogo pacifico di impegno. Confermo la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”.
Fonte: Rainews



